Un medico in terapia intensiva per il coronavirus, grave anche un primario

Ascoli, un medico in terapia intensiva per il coronavirus, grave anche un primario
ASCOLI - Un uomo di 70 anni di Roccafluvione è la 49esima vittima picena del Covid. È morto nella Rsa di Campofilone. La situazione dei contagi resta drammatica con...

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ASCOLI - Un uomo di 70 anni di Roccafluvione è la 49esima vittima picena del Covid. È morto nella Rsa di Campofilone. La situazione dei contagi resta drammatica con 182 positivi registrati solamente nella giornata di ieri e 90 ricoverati Covid negli ospedali di Ascoli e San Benedetto dove la pressione resta alta.

E sempre ieri sono peggiorate di un medico ricoverato in terapia intensiva mentre per un primario si stava valutando il trasferimento in rianimazione.

 

I medici di base

Dopo la «caccia alle streghe» denunciata dalla presidente dell’Ordine dei medici, Fiorella De Angelis, è un medico di base rimasto contagiato a raccontare le difficile condizioni lavorative. «Qualcuno dice che lavoriamo tre ore al giorno. Quindi secondo questa logica finite le mie ore di ambulatorio potrei andarmene al mare o in montagna, invece ultimamente non riesco nemmeno a fare pranzo. Quando mi va bene rientro a casa alle 20. Apparentemente sembra che almeno la sera possa considerarsi chiusa la mia giornata lavorativa invece se ne accorge mia moglie che la mia mente sta ancora in ambulatorio tanto per rendere l`idea del carico mentale ed emotivo che si somma ai compiti quotidiani». 
I compiti


E i compiti sono i seguenti: in ambulatorio si visitano i pazienti che da quando è iniziata la pandemia accedono previa prenotazione e quindi obiettivamente si sono ridotti, ma oltre a queste visite classicamente intese ci sono almeno 50 richieste al giorno tra prescrizione di farmaci e accertamenti, interpretazione di referti di laboratorio e specialistici. A questa attività si aggiungono le visite domiciliari di pazienti acuti e cronici, come i pazienti in Rsa e i pazienti in assistenza domiciliare integrata. «A tutto questo, che faceva parte della nostra quotidianità lavorativa anche prima del covid, si aggiunge ora il fardello legato al fatto che se c’è qualcosa che è saltato è il lavoro che doveva svolgere l`organo competente e cioè il Sisp che in pratica svolgiamo noi». È facile verificare la situazione ad Ascoli, basta fare finta di essere un paziente con sospetto Covid e provare a contattare i due numeri dedicati. Nessuno risponde ormai da tempo. Si può mandare un`email ma la risposta può arrivare anche due settimane dopo. «In pratica per avere risposte ci si rivolge a noi che effettuiamo: intervista telefonica con tracciamento dei contatti, richiesta tampone, segnalazione al Sisp e, in attesa di riscontro, certificato di malattia e messa in quarantena, contatto telefonico col paziente una o due volte al giorno. Questo se il paziente sta piuttosto bene ma se la situazione si complica si devono attivare le Usca, oppure l’Adi oppure avvalersi del consulto con lo specialista infettivologo per condividere le scelte terapeutiche. Naturalmente tutto ciò non si fa in cinque minuti e non è una sola persona al giorno ad infettarsi tra i miei assistiti». Per non parlare dei casi ulteriormente complicati dal punto di vista sociale, si pensi all’anziano in isolamento domiciliare senza una rete familiare in grado di accudirlo. «Ancora una volta chi risponde sempre è il medico di base che cerca di orchestrare al meglio una rete di servizi per gestirlo al meglio al proprio domicilio finché è possibile. Senza considerare che siamo in piena campagna di vaccinazione antinfluenzale per cui in un mese devo vaccinare tra i miei assistiti circa 600 persone. A tutto ciò ultimamente ci viene chiesto di fare i tamponi. Finita la mia giornata dovrei tornare in ambulatorio, vestirmi con tutti i dpi del caso e da solo, senza infermieri, fare i tamponi, registrarli e mandarli ad esaminare».

 

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Corriere Adriatico