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COMUNANZA - Avere un Distretto sanitario dei Sibillini sarebbe un traguardo importantissimo per la sanità dell’entroterra montano. Ne sono convinti i sindaci delle tre province di quest’area, Ascoli, Fermo e Macerata. La richiesta era partita già con la precedente amministrazione regionale e ora viene riproposta anche ai nuovi inquilini di Palazzo Raffaello. Il presidente dell’Unione montana dei Sibillini Fabrizio Vergari è deciso a muoversi rapidamente.
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Ha già chiesto un incontro con gli assessori regionali al bilancio Guido Castelli e alla Sanità Filippo Saltamartini che avverrà nei prossimi giorni.
Il pericolo
L’ottenimento del Distretto sanitario salverebbe dalla spaccatura l’Ambito sociale territoriale XXIV che, ricomprendendo gli stessi Comuni dell’Unione montana dei Sibillini, rischia di essere smembrato e di sparire: i 5 Comuni dell’Ascolano accorpati a quello di Ascoli e i 6 del Fermano a quello di Fermo.
Il nodo
E qui nasce l’intoppo. I sindaci dei 5 Comuni dell’Ascolano vogliono rimanere nell’Area vasta 5 di Ascoli. E Vergari? «Vado avanti con chi ci vorrà stare, anche del Maceratese. Ricordo che rischiamo fortemente di perdere l’Ambito sociale. Non so se la nuova amministrazione regionale sarà disposta a dare deroghe continue». Rimane sempre sulle proprie posizioni Alvaro Cesaroni, sindaco di Comunanza, località dove hanno sede Unione montana e Ambito sociale. «Va bene il Distretto sanitario dei Sibillini – sottolinea - ma noi non vogliamo entrare a far parte dell’Area vasta 4. È una posizione che avevamo già espresso in passato, ma poi non se n’è più parlato. Inoltre prima di fare l’incontro con gli assessori regionali, Vergari dovrebbe riunire i sindaci dell’Unione e verificare la situazione». Insomma la spaccatura non sembra rimarginata e il percorso sembra tutto in salita, a meno che la Regione non trovi una soluzione “creativa” che tenga conto della particolarità di un’Unione Montana, relativo Ambito sociale ed eventuale Distretto sanitario che gravitano su più province ed aree vaste. «I sindaci che non accettano – incalza Vergari – devono assumersi le proprie responsabilità verso la popolazione. Il distretto deve servire per rendere primario riferimento l’ospedale di Amandola, poi laddove occorrano cure diverse si può scegliere in quale altro nosocomio andare, anche di un’Area vasta diversa”.
I vantaggi
Un Distretto specifico avrebbe una propria autonomia organizzativa e gestionale con un budget economico proprio, permettendo di riorganizzare i servizi autonomamente in base alle esigenze del territorio in cui gravita il distretto, valorizzando tutta l’area dal punto di vista dei servizi socio-sanitari. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico