Città territorio e zona franca: ecco la formula per provare a far ripartire il Piceno

Città territorio e la zona franca: il Piceno può ripartire solo così
ASCOLI  - Rialzarsi dopo la mazzata. Poi rimboccarsi le maniche e provare a ripartire tra lungaggini, procedure inestricabili, finanziamenti e la fuga (si spera con ritorno)...

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ASCOLI  - Rialzarsi dopo la mazzata. Poi rimboccarsi le maniche e provare a ripartire tra lungaggini, procedure inestricabili, finanziamenti e la fuga (si spera con ritorno) di chi ha dovuto abbandonare un’abitazione e un pezzo di cuore in quelle zone squarciate dal sisma. Un percorso lungo già sei anni che conduce ora dritti a un interrogativo: ma si riuscirà a ricostruire e ripopolare le aree del cratere sismico e, in particolare, quell’entroterra montano già vittima di un principio di emorragia demografica?

 

 

Un interrogativo che il Corriere Adriatico attraverso “Voce in capitolo”, l’interessante podcast del direttore Giancarlo Laurenzi - ospiti l’assessore regionale alla ricostruzione Guido Castelli e il rettore dell’Università di Camerino Claudio Pettinari – ha voluto amplificare per aprire una porta sul futuro di questi territori e per capire, realmente, se sarà possibile e credibile un ripopolamento di queste zone montane duramente e tragicamente colpite dalle scosse telluriche. Un efficace stimolo per riflettere e mettere in campo opinioni, idee e concretezza. In questa direzione, le voci di chi lavora per l’obiettivo della rinascita, ad esempio i sindaci delle aree del cratere piceno come Marco Fioravanti di Ascoli e Michele Franchi di Arquata del Tronto, sono segnate tanto dalla speranza quanto dalla consapevolezza di un percorso tutt’altro che facile, ma anche da progettualità e richieste precise come la città metromontana e la zona franca. 


La città metromontana 
L’analisi di Fioravanti, primo cittadino di Ascoli che ha il potenziale record di città con il maggior numero di cantieri post sisma, è chiara e si poggia sull’idea di unire le forze e creare una città-territorio. O meglio, una città metromontana. «Quella che ci troviamo di fronte – sottolinea – è una grande occasione per la rinascita del territorio. Adesso sta un po’ anche a noi e alla nostra capacità di fare squadra per rilanciare le aree interne. Un anno fa abbiamo lanciato questo percorso della città metromontana al quale hanno aderito tutti i Comuni della provincia, dalla costa all’entroterra, con l’obiettivo di ricostruire e ripopolare queste zone per essere competitivi a livello italiano con una strategia di medio e lungo periodo. Stiamo già progettando insieme per riuscire a cogliere la grande opportunità dei fondi Pnrr, sia per il pubblico che per il privato, con la volontà di puntare molto anche sulle infrastrutture digitali, per riportare investimenti e lavoro e per creare le condizioni, anche puntando su beni immateriali e socio-culturali, per riabitare queste aree. Ma c’è bisogno anche di un spinta del Governo sull’infrastrutturazione e, in particolare, sulla Ferrovia dei due mari 


La zona franca 


«Ci sono le possibilità per ricostruire e per ripopolare il nostro entroterra il prima possibile - rimarca Franchi - ma di certo la crisi del governo non aiuta e mi auguro si possa risolvere. Bisogna innanzitutto velocizzare le procedure e poi, una volta ricostruito il cratere montano, che in realtà si stava già spopolando prima del sisma, occorre una zona franca come quella di Livigno, con sgravi fiscali, dove si paghi ad esempio meno la benzina e si paghino meno le tasse anche per le aziende. Questo per riportare gente. E parallelamente affiancare servizi. Ora, si sta lavorando sui piani di recupero, ma occorre farlo anche per i servizi essenziali. Noi ad esempio, grazie alle donazioni ricevute e ai fondi elargiti dai privati abbiamo un poliambulatorio e la scuola. E ci sono anche aziende che hanno investito sui nostri territori. È fondamentale che si vada di pari passo con ricostruzione, infrastrutture e servizi, altrimenti creiamo solo cattedrali nel deserto».

 

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Corriere Adriatico