Inchiesta Superbonus, interrogati gli arrestati: «Dovevamo monetizzare per terminare i lavori»

Inchiesta Superbonus, interrogati gli arrestati: «Dovevamo monetizzare per terminare i lavori»
ASCOLI - «Non c’era alcuna volontà di truffare, i lavori sarebbero stati fatti». A sostenerlo è il legale rappresentante dell’impresa di...

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ASCOLI - «Non c’era alcuna volontà di truffare, i lavori sarebbero stati fatti». A sostenerlo è il legale rappresentante dell’impresa di costruzione di San Benedetto in carcere da lunedì scorso in seguito all’inchiesta portata avanti dalla Procura di Ascoli Piceno su presunte frodi ai danni dello Stato, in quanto sospettati di aver incassato i soldi del Superbonus senza aver eseguito i lavori. 

 

Le accuse


L’imprenditore, ieri mattina, accompagnato dal proprio difensore di fiducia, l’avvocato Mauro Faiulli di Chieti, nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al gip di Ascoli ha rigettato ogni accusa mossa nei suoi confronti dalla Procura ribadendo che non c’era alcuna volontà di compiere delle truffe ma che i lavori sarebbero stati realizzati regolarmente. 


La misura cautelare


Nel frattempo il suo legale di fiducia ha chiesto la revisione della misura cautelare per il suo assistito che al momento si trova rinchiuso nel carcere di Marino del Tronto. Ha risposto alle domande del giudice anche l’amministratore di condominio sambenedettese, anche lui rinchiuso nel carcere di Marino del Tronto a seguito in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare disposta dal giudice per le indagini preliminari. Nel corso dell’interrogatorio, il professionista ha voluto ribadire la volontà di voler eseguire i lavori avendone tutto l’interesse economico dal momento che, in qualità di amministratore di condominio, sarebbe stato pagato solo quando gli interventi di ristrutturazione sarebbero stati completati. 


Le difficoltà


Le difficoltà sarebbero nate, secondo quanto riferito al gip, quando le banche, nei mesi scorsi, avevano adottato politiche restrittive nell’acquisizione dei crediti d’imposta creando delle difficoltà alle imprese edili che si sarebbero trovate in crisi di liquidità e nella incapacità di poter andare avanti. Da qui la necessità di “monetizzare” il credito per poter portare a conclusione i lavori. Nei prossimi giorni, il suo difensore, l’avvocato Mauro Gionni, presenterà istanza al giudice per chiedere la scarcerazione del suo assistito oppure la concessione dei domiciliari. Saranno ascoltati a breve anche gli altri due professionisti finiti al centro dell’indagine: si tratta del professionista abruzzese, progettista e direttore dei lavori, che attualmente si trova ristretto ai domiciliari; e dell’altro tecnico ascolano per il quale è scattata la misura interdittiva dell’esercizio della professione in quanto, secondo l’accusa, predisposto le pratiche burocratiche, attestato falsamente l’avvenuta esecuzione dei lavori e rilasciato i certificati di collaudo e i visti di conformità. 


I reati


Nei loro confronti la Procura di Ascoli ha ipotizzato i reati di truffa aggravata, falsità ideologica, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e indebite compensazioni. Da una prima stima, a seguito delle risultanze dell’attività investigativa, ammonterebbe a circa 900mila euro i crediti che sarebbero stati maturati indebitamente, sebbene siano ancora in corso accertamenti al fine di definire con maggiore esattezza l’ammontare dei lavori fatturati ma non eseguiti.  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico