Arrestato l'estremista nero Stefano Manni, deve scontare sei anni per associazione terroristica

Stefano Manni
ASCOLI  - Stefano Manni, l’ascolano accusato di associazione terroristica finalizzata alla ricostituzione del disciolto movimento politico “Ordine Nuovo” e...

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ASCOLI  - Stefano Manni, l’ascolano accusato di associazione terroristica finalizzata alla ricostituzione del disciolto movimento politico “Ordine Nuovo” e di associazione finalizzata all’odio razziale, è stato arrestato martedì sera dai carabinieri del Ros. Deve scontare una condanna a sei anni di reclusione dopo che la Cassazione, nei giorni scorsi, ha confermato la sentenza della Corte d’appello.

 

L’asolano era finito al centro dell’inchiesta avviata dalla Procura de L’Aquila nel 2013 e portata avanti dalla Pm Antonietta Picardi che il 17 dicembre del 2014 chiese ed ottenne al gip del tribunale abruzzese l’arresto di Manni in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare: con lui finirono nei guai a vario titolo altre 43 persone. Secondo gli inquirenti, Manni avrebbe avuto un ruolo determinante nell’associazione tanto da esserne definito “il capo”. Secondo la Procura, l’ascolano insieme ad un gruppo di seguaci avrebbe costituito l’associazione “Avanguardia Ordinovista” con l’intenzione di organizzare attentati terroristici per destabilizzare l’ordine pubblico. Il fine ultimo però era quello di entrare all’interno delle istituzioni con un partito eletto, dunque legittimato dal voto popolare, seguendo la più pacifica via democratica. 



Nel corso delle indagini e successivamente durante l’iter processuale, la magistratura inquirente aveva sostenuto che tra le attività portate avanti dal gruppo di persone finito sotto inchiesta ci sarebbero state anche varie iniziative volte a promuovere la crescita culturale degli aderenti alle idee di estrema destra. È anche emerso come gli aderenti all’organizzazione utilizzassero complesse modalità di comunicazione sui social network a fini propagandistici con lo scopo di fare proselitismo e provocare l’innalzamento della tensione sociale; mentre un altro canale era “riservato” ai soli sodali per discutere le progettualità ritenute eversive. Inoltre, stando a quanto sarebbe emerso nel corso delle indagini, il gruppo aveva ricercato armi sul mercato clandestino. Al termine del processo di primo grado, i giudici del tribunale de L’Aquila avevano condannato Stefano Manni a sei anni di reclusione dopo che il Pm, al termine della sua requisitoria, aveva chiesto una condanna a 13 anni di carcere. La sentenza è stata confermata successivamente in appello ed ora è passata in giudicato con la decisione della Corte di Cassazione. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico