Ascoli, detenuto con l'epatite gli sputa in faccia, agente in ospedale. Intercettati in carcere otto telefonini

Ascoli, detenuto con l'epatite gli sputa in faccia, agente in ospedale. Intercettati in carcere otto telefonini
ASCOLI - Un agente di polizia penitenziaria è dovuto ricorrere alle cure dei medici dell’ospedale Mazzoni di Ascoli dopo che un detenuto affetto da epatite B gli ha...

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ASCOLI - Un agente di polizia penitenziaria è dovuto ricorrere alle cure dei medici dell’ospedale Mazzoni di Ascoli dopo che un detenuto affetto da epatite B gli ha sputato in faccia. È accaduto giovedì all’interno del carcere di Marino del Tronto, intorno alle 14,30: il sovrintendente della Penitenziaria aveva notificato al recluso un provvedimento del Tribunale di Sorveglianza con cui il magistrato aveva rigettato la sua istanza. 


 

Appresa la decisione del giudice, il detenuto ha sputato in faccia all’agente che subito dopo è stato accompagnato al pronto soccorso del nosocomio ascolano dove è stato sottoposto agli esami ematici ed ha iniziato la profilassi contro l’epatite B. Il recluso, invece, è stato posto in isolamento. E sempre all’interno della casa circondariale di Ascoli, nel corso di un controllo su un pacco postale indirizzato ad un detenuto siciliano rinchiuso nella sezione alta sicurezza, venerdì scorso, gli agenti hanno rinvenuto otto telefoni cellulari che erano stati nascosti in un sottofondo ricavato in un contenitore per la carne. 

All’interno del pacco sono stati rinvenuti quattro smartphone e altrettanti microtelefoni perfettamente funzionanti, completi di caricabetteria, cavetto usb e schede di nazionalità estera. Per il detenuto è scattata la denuncia. Considerando l’accaduto, il segretario regionale Uilpa Polizia Penitenziaria Marche Leonardo Rago, ricorda che «questo non è che l’ennesimo, quasi quotidiano, tentativo di introdurre all’interno di un carcere generi o sostanze non consentite e che tutto ciò che permette di garantire l’ordine e la sicurezza all’interno degli Istituti è opera della professionalità’ e del senso del dovere che da sempre contraddistingue le donne e gli uomini del Corpo di Polizia penitenziaria, - conclude - costretti ad operare in ambienti sempre più ostili e pericolosi, ma purtroppo sempre più dimenticati dalle istituzioni».

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Corriere Adriatico