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ASCOLI - Non si appresta a diminuire la crisi legata alla pandemia che ha portato innumerevoli ferite nel tessuto socio economico del territorio piceno, già alle prese con problemi ormai diventati endemici le cui conseguenze restano devastanti.
Tra le associazioni in prima linea nella tutela di chi è danneggiato da questa situazione c’è la San Vincenzo De Paoli impegnata da tanti anni ad Ascoli. Molti lavoratori sotto l’egida dell’ente bilaterale dell’artigianato non stanno ricevendo la cassa integrazione da mesi e in particolare, i lavoratori del settore turistico.
Colpito il turismo
«L’indennità che viene erogata riguarda praticamente la metà dello stipendio, spesso con cifre sui 550 o 600 euro che devono sostentare famiglie con figli - spiega Enrico Paoletti, presidente della San Vincenzo De Paoli. - I più colpiti sono quelli del settore turistico, che sono quelli che stiamo assistendo di più. Una di queste persone doveva pagare delle bollette e abbiamo dato dei contributi, tutti di tasca nostra. A noi i soldi non ce li da nessuno, si tratta di auto tassazione e di offerte delle persone.
Gli aiuti
«Noi ogni mese forniamo carne in scatola, uova, legumi, pasta e acqua e tutto quello che riceviamo dal Banco alimentare insieme al Pas, il Polo accoglienza e solidarietà. Noi siamo radicati nel mondo e abbiamo anche una sede in Cina. Ci siamo sempre prodigati ad aiutare per tutti perché è nel nostro spirito essere vicini agli ultimi. Il settore turistico è quello maggiormente devastato da questa situazione ed è quello che ha subito i danni maggiori».
Le agenzie
«Noi lavoriamo alla Luberti Bus e anche l’agenzia Picus Travel è ferma. Il problema è che l’Ente bilaterale dell’artigianato paga quando si ricorda, ma non per colpa loro, ma perché mancano i fondi» dice Carmela Caiazzo che poi aggiunge: «noi abbiamo percepito la cassa integrazione fino al 13 settembre e non sappiamo quando arriveranno gli altri soldi. Il nostro era uno stipendio normale e adesso prendo 500 euro, ma, purtroppo, non sono mensili e arrivano a singhiozzo. Venerdì prossimo andremo al palazzo della Prefettura e ci incateneremo. Noi ce l’abbiamo solo con il sistema, il nostro settore non riprende ma la gente ha voglia di ripartire. Noi abbiamo i figli da mantenere e questa situazione è molto difficile da sostenere. Chiediamo solo di essere pagati mensilmente». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico