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ARQUATA - Il silenzio è rotto dai cinquantadue rintocchi della campana. Nella notte di Pescara del Tronto, alle ore 3.36, il ricordo si fa luce. La commozione è grande. È il momento della veglia, risuonano i nomi dei 52 che persero la vita in quei maledetti attimi. Il luogo scelto per la commemorazione è il piccolo parco giochi del paese che non c’è più, dove all’epoca trovarono rifugio le sacche con i corpi. Sotto il cielo, in mezzo alle lacrime e alle macerie. Un gigantesco cuore rosso spezzato è posto in terra, tra le candele. Le maglie con i ritratti delle vittime fanno da sfondo. «Ora che siete cielo ricordarvi significa avervi accanto e credere che quei momenti non passeranno mai», si legge su uno striscione.
Il dolore
Il dolore è ancora vivo. Il passato è sempre lì. Ma la speranza fa capolino, la notte comincia a lasciare spazio al giorno. «Siamo qui per ricostruire. Ci proviamo, vogliamo lottare per coloro che sono rimasti», raccontano gli arquatani. «Questa tragedia ha lasciato un segno indelebile in tutti. La morte venne a visitarci cinque anni fa, senza avvisare, strappando tante vite», ricorda il parroco don Emmanuel Chempo.
La devastazione
La devastazione è davanti agli occhi, ma il futuro oggi sembra migliore: ad Arquata del Tronto finalmente si vedono i segnali di ricostruzione con l’avvio dei primi cantieri. «È sempre dura venire qui a Pescara.
Le infrastrutture
Nel tardo pomeriggio di ieri invece la messa nell’area Sae, celebrata dal vescovo Domenico Pompili, amministratore apostolico della diocesi di Ascoli. Tantissime persone si danno appuntamento davanti alla chiesa, lungo la vecchia Salaria, tra i moduli abitativi, sotto un cielo minaccioso e una pioggia battente. Nell’omelia del vescovo Pompili i riferimenti all’avvio delle opere, ma anche un ammonimento sulla generale arretratezza delle infrastrutture. «A cinque anni dal terremoto si comincia finalmente ad intuire che la ricostruzione, dopo ritardi ed incertezze, è finalmente avviata, ma non basta ricostruire il vecchio mondo. Bisogna costruirne uno nuovo. Non basta, cioè, riprodurre le forme del passato, all’insegna “del dov’era e come era”, ma immaginare un mondo nuovo che disegni un nuovo rapporto tra uomo e ambiente. Il mondo nuovo che va creato riguarda un diverso rapporto tra città e montagna. Sono convinto che il ponte più urgente da costruire, prima ancora del ponte di Messina, si chiami Italia centrale. Il ritardo di questa parte del Paese è legato all’arretratezza delle sue infrastrutture. Perché non pensare allora a quella “Ferrovia dei due Mari” di cui si favoleggia dalla fine dell’Ottocento? Tenere distanti due mari per qualche centinaia di chilometri è una imperdonabile leggerezza», sottolinea il vescovo.
La messa
Alla messa a Pescara del Tronto, con Franchi e Castelli, erano presenti anche il governatore della Regione Marche, Francesco Acquaroli, il commissario straordinario alla ricostruzione Giovanni Legnini, il presidente della Provincia, Sergio Fabiani, il direttore Usr, Stefano Babini, il sindaco di Ascoli, Marco Fioravanti, e Fabrizio Curcio, capo dipartimento della Protezione Civile. Ad assistere anche il leader del gruppo Tod’s, Diego Della Valle.
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Corriere Adriatico