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ANCONA Scendere in campo oltre le frizioni della competitività, al di là dell’accanimento della rivalità. Andare in rete non con un gol, ma con una lezione di vita. Mister Gianfranco Paolini fa così, con i suoi piccoli atleti. Pur di metterli in contatto con la linfa dell’esistenza non esita a interrompere il match, regalando la vittoria al team di casa. Si gioca le sorti della partita per crescere, insieme. Una scelta, tutta coraggio e principi, che gli permette di conquistare il podio del XIII Premio Amico Atletico, a Jesi.
Il comportamento
Riavvolgere il nastro di questa storia virtuosa, raccontata in esclusiva sulle pagine del nostro giornale, è un obbligo, ma soprattutto un piacere.
Il tempo
Una soddisfazione al quadrato è stata per mister Paolino che sul palco jesino non ha trattenuto l’emozione. «È stato un vero onore - rilancia - essere stato gratificato dalla moglie di un mio idolo, da sempre, Mennea». Il velocista, campione olimpico dei 200 metri piani a Mosca 1980, è stato il primatista mondiale della specialità dal 1979 al 1996 con il tempo di 19" e 72, Sì, per Paolini è stata la vittoria più bella: «È stato del tutto inaspettato. Per il mio modo d’intendere la vita e lo sport quello che ho compiuto è stato un gesto naturale, mai avrei immaginato che avrebbe generato tutto questo clamore». Ricostruisce l’anatomia della felicità: «Che gioia poter parlare con l’ex commissario tecnico della Nazionale Roberto Mancini che era in platea con Luca Marchegiani, ex portiere e vicecampione del mondo, e con l’ex pallavolista Andrea Zorzi». Da mito a miti.
La vittima
La trama non cambia, d’una virgola, ed è ancora una nostra esclusiva: sport e valori da trasmettere. A Jesi, sempre sul proscenio del Premio Amico Atletico, al Pergolesi, identici i riflettori puntati sulla baby-atleta di origini africane, italiana di seconda generazione, che gioca in porta nella squadra under 15 della “Ancona Respect”. È stata vittima, la giovanissima, di insulti razzisti in un campo di calcio, offesa dal genitore d’una formazione avversaria. Un paradosso per quella ragazzina che, in bella mostra, sullo scudetto ha impresso, non a caso, la parola “Respect”. Il suo esempio vale una medaglia, ma soprattutto un incitamento all’inclusione. Scendere in campo, per una lezione di vita.
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Corriere Adriatico