La poesia di Caterina, scritta prima di morire a 26 anni: «Sai che dovrò andare quando sarà ora di partire»

Caterina Consiglio aveva 26 anni
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ANCONA - «Sai che dovrò andare quando sarà ora di partire verso i parchi celesti, immensi». Caterina sapeva che la sua vita era appesa a un filo sottolissimo. I medici con lei erano stati onesti. La malattia contro cui ha combattuto per 20 lunghissimi mesi non le avrebbe concesso altro tempo. Avrebbe compiuto 27 anni a maggio.

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Prima di morire, un mese fa, nel letto d’ospedale ha trovato la forza e di scrivere una poesia, ispirata dalla sofferenza e dal dolore di lasciare gli affetti più cari. Ha composto pochi, commoventi versi. Qualche giorno fa la madre Gianna Emmet li ha trovati sul suo cellulare. Un colpo al cuore, il secondo dopo il dramma della morte a cui non si è mai preparati. Li ha voluti rendere pubblici per testimoniare quanto dolce fosse sua figlia, strappata troppo presto a questo mondo da un male spietato.

«Al completamento c’è una curva, proprio quando sta per venire la svolta che non riesco a imboccare tocca precipitare», scriveva Caterina Consiglio, nei momenti finali di una battaglia che ha combattuto con forza, senza mai abbattersi. «Hai patito tanto, ma tanto, e sei sempre stata coraggiosa al punto da essere tu a consolare, sorreggere e motivare tutti noi perché eri tenacemente decisa a non morire: ma te ne sei andata con l’avvento della primavera, nel giorno dell’equinozio», ricordano i familiari. 


Caterina viveva a Sirolo con Alex, il suo compagno, con cui condivideva «un amore assoluto, puro, indissolubile», insieme a Dudù, bellissimo segugio adottato per amore, e Arya, «gattina randagia ma snob. Sì, proprio una nella famiglia - piangono i familiari -, quattro esseri che vivevano una vita serena, fatta di niente, se non tanto amore gli uni per gli altri. Ci hai insegnato che la vita va affrontata con coerenza, coraggio, sagacia, un pizzico di fantasia e tanti sogni da realizzare. La tua maestra ti aveva soprannominato “Giovanna D’Arco”, sempre pronta com’eri a combattere per quello in cui credevi. La tua mamma ti chiamava “fiorellino del bosco” che timido e riservato spunta per poi sbocciare in una bellezza solida e prorompente. Impossibile rimanere indifferenti ai tuoi modi accattivanti, all’umiltà. Ti salutiamo con un “ciao” perché sarai sempre parte di noi». 

 

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Corriere Adriatico