A 13 anni picchiata e derisa dalle bulle: «Fai schifo, perchè non ti ammazzi?»

Senigalia, senza esito l’esposto dei genitori: le aguzzine non erano imputabili perché under 14

A 13 anni picchiata e derisa dalle bulle: «Fa schifo, perchè non ti ammazzi?»
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SENIGALLIA - «Fai schifo», «balena», «perché non ti ammazzi?». Sono alcuni messaggi che una ragazzina senigalliese, oggi 15enne, si è sentita rivolgere per anni da sei coetanee, alcune anche compagne di classe. Le credeva amiche. Con loro aveva condiviso cinque anni delle elementari ma quando sono andate in prima media qualcosa è cambiato. Lei ha iniziato a prendere peso e questo, improvvisamente, è diventato motivo di scherno da parte del gruppetto che prima ha iniziato a deriderla, poi escluderla, farle dispetti, fino a un vero e proprio agguato. 

 


La trappola


Le hanno dato appuntamento al parco della Pace dove lei le ha raggiunte, perché volevano chiarire lontano dalla scuola. Credeva che, finalmente, le avrebbero chiesto scusa cambiando atteggiamento. Invece hanno iniziato a lanciarle le pigne raccolte a terra. Loro sei intorno, e lei al centro che subiva senza potersi difendere. Non contente le hanno poi messo le mani addosso. La madre se l’è vista tornare a casa piena di lividi, con gli occhiali rotti e la bicicletta sgonfia. Era il 2020, nel pieno della pandemia. I genitori, insieme a lei, sono andati in Commissariato e hanno presentato un esposto in procura. Essendo tutte ancora 13enni per legge non erano penalmente perseguibili. 


«Loro mi insultavano e io reagivo, replicando – racconta – non stavo zitta a subire anche se dentro morivo. Avrei potuto cambiare scuola o classe in seconda e terza media ma perché me ne sarei dovuta andare? Non avevo fatto nulla di male, erano loro che si dovevano vergognare». Ha terminato le medie e adesso, che non è più obbligata a vederle tutti i giorni, seppure le capiti di incrociarle in giro per la città, ha deciso di rendere noto quanto accaduto a pochi giorni dal 15 marzo, la giornata contro i disturbi alimentari.

Quelli che l’hanno portata a essere vittima di bullismo e, proprio nel cibo, si è rifugiata. In maniera anonima ha raccontato la sua storia nell’ultima edizione di Cuori Connessi, scritto da Luca Pagliari, progetto nato dalla collaborazione tra Unieuro e Polizia di Stato, contro il cyberbullismo. Per insultarla le bulle avevano creato anche profili social fasulli, da cui era continuamente presa di mira. 


Caso chiuso

Nessuna pagherà per tutto il male che le hanno fatto. A seguito dell’esposto, presentato dalla madre, i genitori delle sei ragazzine sono stati convocati, hanno spiegato che si era trattato di bravate e tutto è finito così. Caso archiviato ma non per la 15enne che porterà con sé quelle ferite. Non ha ricevuto mai una scusa, anzi i genitori delle sue aguzzine hanno sempre difeso le figlie, ritenendo eccessiva la sua reazione come se fosse normale dire ad un’adolescente che soffre di disturbi alimentari che è una cicciona, che fa schifo, che nessuno la vuole e che avrebbe fatto meglio ad uccidersi.

«Stavo male – prosegue – quello che mi dicevano mi faceva soffrire, non ce la facevo più. Poi quando mi hanno picchiata, con calci e pugni, ho detto basta. Non ero più disposta a sopportare altro. A chi viene bullizzato dico di non subire in silenzio, parlatene con i vostri genitori, parlatene perché fa bene parlarne». Lei ce l’ha fatta e oggi è pienamente consapevole di non essere mai stata come la descrivevano. «Sono bella – conclude – mi piaccio e posso camminare a testa alta». Lei di sicuro può farlo. E’ la sua rivincita, il suo riscatto.
 

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Corriere Adriatico