Accendono un falò e respirano monossido: finiscono all’ospedale

Accendono un falò e respirano monossido: finiscono all’ospedale
SENIGALLIA - Due uomini sono rimasti intossicati ieri pomeriggio probabilmente a causa di un falò accesso dentro casa. Si tratta di due extracomunitari che si sono...

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SENIGALLIA - Due uomini sono rimasti intossicati ieri pomeriggio probabilmente a causa di un falò accesso dentro casa. Si tratta di due extracomunitari che si sono presentati spontaneamente al pronto soccorso, lamentando forti mal di testa e nausee. Da accertamenti è emerso che avevano i sintomi dell’intossicazione da monossido di carbonio. Sono stati trasferiti in ambulanza all’ospedale di Fano per essere sottoposti al trattamento nella camera iperbarica. Il pronto soccorso ha contattato la polizia, una volante si è recata presso l’abitazione di via Fabbrici e Ville a San Silvestro, dove entrambi risiedono, insieme ad una squadra dei vigili del fuoco per verificare l’abitazione. Da una prima ispezione pompieri e poliziotti non avrebbero trovato nulla di strano. Il casolare era privo di riscaldamento e all’interno c’era solo un camino, spento.


Poliziotti e vigili del fuoco hanno cercato una stufetta, che potesse aver provocato la perdita ma sembra che i due avessero acceso un fuoco in una stanza la mattina e tra la tarda mattinata e il primo pomeriggio hanno poi iniziato ad avvertire il malessere che li ha indotti a recarsi al pronto soccorso, già al limite delle forze. Il fuoco non c’era più ma l’ambiente era saturo e non c’era più ossigeno. Finestre e porte erano tutte chiuse. Inalare il fumo di un falò in una ambiente chiuso e stagno, come una casa, può essere molto pericoloso. Per fortuna l’incidente domestico è avvenuto di giorno perché di notte sarebbe stato per i due molto più rischioso. Oltretutto vivono in un casolare di campagna lontano dal centro abitato, dove nessuno li avrebbe potuti aiutare. Tutto si è risolto per il meglio. I due stranieri non sono infatti in pericolo di vita ma per loro è stato necessario il trattamento in camera iperbarica. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico