Senigallia, choc a scuola: «Mia figlia bullizzata dalle amiche. Nessuna si è pentita: anzi, sono state anche difese dai genitori»

«Mia figlia bullizzata dalle sue amiche. Nessuna è pentita, anzi, sono anche difese dai genitori»
SENIGALLIA -  «Oltre al dolore, per quello che mia figlia ha dovuto subire, sono delusa dalla mancata comprensione dei genitori delle altre ragazzine e...

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SENIGALLIA -  «Oltre al dolore, per quello che mia figlia ha dovuto subire, sono delusa dalla mancata comprensione dei genitori delle altre ragazzine e dall’assenza della scuola». A parlare è la madre della 15enne senigalliese, vittima di bullismo quando aveva solo 13 anni. Una donna forte che le è stata accanto, sostenendola nel lungo percorso verso il recupero della propria autostima. La figlia era stata presa di mira da 6 coetanee in prima media perché in sovrappeso, a causa di un disturbo alimentare. 

 

I falsi profili 


Avevano creato anche profili falsi sui social da cui ha ricevuto svariate centinaia di insulti. «Ho sempre avuto un ottimo rapporto con mia figlia e la ringrazio perché ha deciso fin da subito di raccontarmi cosa le stesse accadendo – rivela la madre –, abbiamo vissuto insieme questo incubo. Prima erano solo insulti poi dispetti fino all’isolamento. Ho chiesto più di una volta aiuto alla scuola ma mi sono sentita sempre rispondere che loro non ne sapevano nulla, non si erano accorti e, invece di stare vicino a mia figlia, vittima di bullismo, sembravano ignorare o minimizzare la situazione mentre sapevano benissimo delle chat e dell’emarginazione. La scuola – insiste – avvisata dei fatti non ha mai mostrato alcuna attenzione o sostegno». Madre e figlia hanno affrontato sole ma unite questa battaglia.

«Non trovando comprensione nella scuola mi sono rivolta ai genitori di queste ragazzine – prosegue –. Avevamo trascorso del tempo insieme, ci eravamo frequentati, andando anche a cena. Alcune di loro avevano già fatto 5 anni insieme alle elementari. Invece mi sono sentita dire che si trattava di bravate. Volevo solo che dicessero alle figlie di smettersela. Le difendevano invece di insegnare loro il rispetto verso gli altri. Mi sarei aspettata vicinanza e solidarietà da loro ma così non è stato. Non hanno mai chiesto scusa a mia figlia, queste ragazze non si rendono conto di aver sbagliato, i genitori le hanno sempre giustificate». Dopo l’agguato, però, la donna ha deciso di andare in Commissariato.

L'appuntamento al parco

«Le avevano dato appuntamento al parco della Pace dicendo di voler chiarire la situazione lontano dalla scuola – prosegue nel racconto –, mia figlia pensava che finalmente avessero capito e invece me la sono vista tornare a casa piena di lividi, con gli occhiali rotti e le ruote della bici bucate. La scelta di non sporgere una denuncia è stata comunque la mia per non aggravare le conseguenze. Ho deciso di fare un esposto che, però, non ha avuto effetti. Speravo di far capire alle famiglie in primo e poi alle ragazze quanto era stato grave quello che avevano fatto con l’aiuto della polizia, ma non hanno capito e nemmeno mai chiesto scusa». 


Tutto è finito con un nulla di fatto. «Sono orgogliosa di mia figlia – conclude –. Non ha ottenuto giustizia, non ha mai ricevuto una scusa, né comprensione, vicinanza e solidarietà dalla scuola, ma è stata forte e, nonostante il dolore, ha voluto proseguire la seconda e la terza media nella stessa scuola perché andarsene avrebbe significato darla vinta a loro. Ha dato una lezione di vita a queste ragazze da cui spero abbiano imparato qualcosa». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico