Ha il Covid e aspetta un bambino, va in crisi respiratoria: corsa all'ospedale per una mamma

Ambulanze al Pronto soccorso
SENIGALLIA - Corsa in ospedale lunedì sera per una donna incinta, colpita da una crisi respiratoria. Improvvisamente ha avuto febbre alta e difficoltà a respirare....

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SENIGALLIA - Corsa in ospedale lunedì sera per una donna incinta, colpita da una crisi respiratoria. Improvvisamente ha avuto febbre alta e difficoltà a respirare. E’ risultata positiva al Covid. La donna, di 28 anni, sta meglio. E’ un’italiana assistita dalla Caritas. La priorità lunedì sera era soccorrere lei. Fondamentale anche accudire il bambino rimasto solo nel suo lettino mentre un’ambulanza portava via la madre.

 

 
C’ha pensato un’operatrice ma chi ha pensato a lei? Si è infatti esposta al rischio di contrarre il virus. Alla Caritas chi ha bisogno viene sempre prima di tutto e tutti. Il direttore però è preoccupato per operatori e volontari, che ogni giorno rischiano di ammalarsi per correre in aiuto di chi potrebbe avere il Covid e quindi trasmetterglielo. Chiede di vaccinare gli operatori sociali. «Lunedì sera una mamma incinta da noi accolta, con un bambino di 2 anni e mezzo, si è sentita male – racconta Giovanni Bomprezzi, direttore della Caritas –, le è salita la febbre e ha avuto i classici sintomi del Covid, compresa una crisi respiratoria. E’ arrivata l’ambulanza e l’ha portata in ospedale. Le hanno fatto subito il tampone rapido, risultato positivo».


Questo il racconto di ciò che è avvenuto in un alloggio messo a disposizione dalla Caritas per la donna. «L’operatrice di turno non c’ha pensato due volte a entrare in casa per accudire il figlio piccolo rimasto solo – prosegue Bomprezzi -. Purtroppo però la nostra operatrice, come gli altri operatori sociali, non è vaccinata. Mi sento di fare un appello alle autorità ministeriali perché inseriscano tutti gli operatori sociali, specie quelli in prima linea nelle strutture di accoglienza, nel programma urgente di vaccinazione». Nel dare aiuto sono i più esposti ma non sono stati inseriti nel programma di vaccinazione. «Ogni giorno gli operatori sociali si imbattono in storie come questa – conclude Bomprezzi –,accogliere vuol dire stare vicini. L’importante è che siano tutelati per svolgere al meglio il loro fondamentale ruolo sociale». La donna sta meglio, è tornata nell’alloggio della Caritas ed è in quarantena insieme al figlio, che ha fatto il tampone ma non si conosce ancora l’esito.

 

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Corriere Adriatico