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SENIGALLIA - Prove tecniche di comitato per gli alluvionati che si sono riuniti venerdì sera al circolo Arci di Borgo Bicchia. Obiettivo: costituire una class action per ottenere i risarcimenti dei gravi danni generati dall’inondazione che si è scatenata nella notte tra il 15 e 16 settembre scorsi. Un confronto fitto e denso: molti sono rimasti fuori perché non c’era spazio a sufficienza per tutti.
«Non ci aspettavamo una simile affluenza - racconta Andrea Morsucci, il promotore - ne faremo un altro lunedì (domani, ndr), per dare modo a chi non ha potuto partecipare di esserci. Molti mi hanno contattato anche da altri Comuni». All’incontro era presente un avvocato di Macerata, che ha spiegato come muoversi. «Si è reso disponibile gratuitamente, ma non abbiamo dato alcun incarico - precisa Morsucci. - L’iniziativa era finalizzata a informare chi è stato alluvionato per la prima volta e quali sono i passi da compiere. L’idea è quella di costituire un comitato per tutta la vallata, perché è meglio essere in tanti, oppure di unirci a quello che già esiste dalla precedente alluvione. Lo decideremo insieme».
La battaglia
La priorità sarà monitorare e sollecitare gli interventi di messa in sicurezza del fiume. «Mancano gli argini in molti tratti e viviamo nella paura - aggiunge Morsucci - Poi, certo, chiediamo il giusto risarcimento dei danni perché l’altra volta è arrivata un’elemosina.
La missiva
C’è invece chi ha scritto una lettera al presidente Acquaroli. «Vivo a Pianello di Ostra – racconta Mirko Guazzarotti - ho già sopportato l’alluvione del 2014 e ho potuto notare che non ci sono stati significativi miglioramenti da allora. Un tempo le campane delle chiese suonavano a martello per avvertire del pericolo imminente. Si potrebbe però, con opportuni accordi, utilizzare infrastrutture esistenti, integrandole con dispositivi tecnologici - suggerisce - come i campanili di chiese e torri civiche, per diffondere il segnale d’allarme, attivabili da remoto. Creare una rete capillare».
Il cittadino spiega anche quanto sia importante un avviso tempestivo. «Un abitante di una casa collocata lungo il fiume Misa, non lontano dalla mia - prosegue - è stato avvertito telefonicamente di quello che accadeva ad Arcevia. Quell’ora di tempo guadagnata gli ha permesso di mettere in salvo auto, animali da cortile, beni elettrici ed elettronici, preziosi e trovarsi al sicuro quando è arrivata la piena. Presidente Acquaroli, le chiedo un preciso impegno per rivedere le procedure d’allarme».
Guazzarotti lamenta poi, nella lettera, che l’Arpam avrebbe bloccato le idrovore in attesa di un’autorizzazione arrivata dopo tre giorni. «Cosa ha fatto l’Arpam in questi tre giorni, che non poteva fare in mezza giornata? - conclude. - Doveva semplicemente autorizzare a scaricare l’acqua del fiume che aveva invaso case e cantine. Non esiste un protocollo d’emergenza? Ci aspettiamo un’azione. Otto anni sono stati gettati al vento. Adesso bisogna recuperare. Non è affatto normale subire due pesanti alluvioni in otto anni e vivere nella costante insicurezza».
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