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SENIGALLIA - Per un imputato il totale azzeramento dei reati contestati, per l’altro l’attenuazione della condanna rimediata in primo grado. È terminata con una parziale riforma della sentenza emessa dal collegio penale nel luglio 2018 la vicenda processuale che ha portato alla sbarra due ex carabinieri della Compagnia di Senigallia, Massimo Prota e Simone Ubertini.
Il primo, tre anni fa, era stato condannato a scontare quattro anni e mezzo di reclusione per peculato e falso commesso da pubblico ufficiale.
Tutti reati commessi, stando alla procura, tra il 2009 e il 2011, quando entrambi rivestivano il ruolo di appuntati del Nucleo Operativo e Radiomobile. Ieri pomeriggio, la Corte d’Appello ha rimodulato il verdetto: per Ubertini è arrivata l’assoluzione, Prota invece è stato condannato a tre anni. È stato, in pratica, assolto dal falso. È rimasta in piede solo l’accusa di peculato: stando alla procura, il carabiniere si era impossessato indebitamente di una quantitativo di droga sequestrata a un pusher nel corso di un servizio per poi cederla a un agente provocatore non autorizzato. I due militari, ieri presenti alla lettura della sentenza emessa dal tribunale di via Carducci, non sono attualmente in servizio.
«Il mio assistito è riuscito finalmente a dimostrare la sua innocenza dopo un processo lungo dieci anni» ha detto l’avvocato Ruggero Tomasi che ha rappresentato la difesa di Ubertini con il collega Giovanni Tarquini. Prota era invece di difeso dal legale da Pio Gaggiano. In precedenza, i due carabinieri erano stati condannati in via definitiva dalla Cassazione: tre anni a Prota, uno a Ubertini. A entrambi, la procura aveva contestato una serie di sequestri giudicati arbitrari nei confronti dei veicoli fermati a partire dal 2008 ai posti di controllo nell’hinterland di Senigallia. Una manovra, sosteneva la pubblica accusa, per favorire il lavoro compiacente di un carro attrezzi di Marotta. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico