Santa Maria Nuova, dimessa con una terapia a base d’acqua: muore 15 ore dopo. Due medici a processo

Santa Maria Nuova, dimessa con una terapia a base d’acqua: muore 15 ore dopo. Due medici a processo
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SANTA MARIA NUOVA «A distanza di anni dalla morte di mia madre io, mia sorella e mio padre non riusciamo a riprenderci. Fatichiamo a dormire, abbiamo attacchi di panico, prendiamo medicinali. Babbo è depresso e ha tentato di uccidersi». Era il 23 luglio 2019 quando un lutto dai contorni da chiarire ha gettato nella disperazione una famiglia intera. Padre e due figli, assistiti dall’avvocato Moreno Misiti, oggi chiedono un risarcimento per le sofferenze patite.

 

L’udienza

A processo per omicidio colposo in concorso sono finiti due medici del Pronto soccorso di Jesi, un 60enne e una 40enne, per le cure prestate a una 62enne di Santa Maria Nuova, invalida dal 2007 per un’emorragia cerebrale. Si era sentita male all’alba del 23 luglio 2019. «Non respirava bene, dalla bocca usciva del liquido scuro, così ho chiamato i miei figli e l’ambulanza», ha riferito il marito ieri al giudice Matteo Di Battista. La donna è entrata al Pronto soccorso alle 5 del mattino per essere dimessa poco dopo le 12 con la diagnosi di “colica addominale con vomito in stipsi” e la prescrizione di una dieta a base di acqua e integratori per 48 ore. «Ma la notte successiva alle 3 ha avuto un malore ed è morta tra le mie braccia», ha testimoniato il 70enne. Dopo la denuncia, la procura ha disposto l’autopsia, eseguita dal professor Adriano Tagliabracci, secondo cui l’assistenza sanitaria fornita al Pronto soccorso non sarebbe stata adeguata perché non sarebbero stati «effettuati i necessari approfondimenti diagnostici» per scoprire le cause della «significativa compromissione respiratoria» e della «presenza di una emorragia digestiva del tratto gastrointestinale superiore».

Carenza assistenziale

Per il pm Paolo Gubinelli, la carenza assistenziale avrebbe contribuito ad aggravare le condizioni della paziente, conducendola alla morte. Ma per la difesa, rappresentata dallo studio legale Scaloni, i medici effettuarono tutti gli accertamenti necessari e la loro condotta non fu colposa: il decesso, evidenzia l’autopsia, è stato causato da un concorso di eventi, come l’emorragia all’apparato digerente, un sanguinamento conseguente alla frattura di una vertebra e un’insufficienza respiratoria da broncopolmonite da aspirazione, in un paziente dalla salute già compromessa. Il processo riprenderà il 16 maggio.

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Corriere Adriatico