Martina, eroina in divisa, salva una mamma che vuole morire: «L’ho presa per mano, poi l’abbraccio: abbiamo pianto insieme»

Martina, eroina in divisa, salva una mamma che vuole morire: «L’ho presa per mano, poi l’abbraccio: abbiamo pianto insieme»
OSIMO - «Quando sono finalmente riuscita ad avvicinarmi, le ho preso la mano e l’ho afferrata. Appena scavalcata la rete del ponte, ci siamo sciolte in un abbraccio...

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OSIMO - «Quando sono finalmente riuscita ad avvicinarmi, le ho preso la mano e l’ho afferrata. Appena scavalcata la rete del ponte, ci siamo sciolte in un abbraccio strettissimo, abbiamo pianto insieme. Ho provato un’emozione indescrivibile». Le parole, ancora intrise di commozione, di Martina Pigliapoco, la carabiniera che lunedì mattina ha salvato dal suicidio una donna, madre di tre figli, che voleva gettarsi dal ponte tibetano di Perarolo, nel Bellunese. 

 
Il profilo
Venticinque anni, associata alla stazione di San Vito di Cadore, Pigliapoco è originaria di Osimo. Le foto che la ritraggono seduta sul ponte, intenta a parlare da sola con quella donna che voleva togliersi la vita, hanno fatto il giro del web. «Non mi aspettavo tutta questa risonanza – ha detto la carabiniera –, perché non penso di aver fatto una cosa di una portata così eccezionale. Sono consapevole che determinati gesti fanno parte del mio lavoro. Devo ancora metabolizzare tutto, ma non pensavo di suscitare tutto questo scalpore».
La trattativa per far desistere la donna dal suo intento è durata quasi quattro ore. Un tempo interminabile durante il quale Pigliapoco ha cercato «di trovare un punto di incontro» con la sua interlocutrice che aveva già scavalcato una parte del parapetto. Sotto di lei, il vuoto e la morte sicura. È stato il pensiero rivolto ai suoi cari e alla famiglia e convincerla a fidarsi della carabiniera osimana. «Appena arrivata ho cercato di avvicinarmi – ha ricordato la 25enne dell’Arma - ma la signora mi ha intimato a fermami, perché altrimenti si sarebbe buttata. Allora, per tutto il tempo ho mantenuto una certa distanza, mi sono seduta per farle capire che ero lì per aiutarla e non per correre a prenderla e magari spaventarla. È stato un segnale di fiducia, voleva dire: “puoi credere in me”». 


Fino a quasi alla fine della trattativa «ho parlato solo io, di me, della mia vita, ho cercato un punto di incontro con lei. È stata decisiva una chiamata al cellulare con i suoi familiari. Ho capito che gli affetti, in particolare i figli, erano l’unico argomento sul quale si poteva far leva». Dopo la chiusura della chiamata, la breccia aperta nel cuore della donna. «Mi sono avvicinata, le ho teso la mano e la signora ha scavalcato la rete. L’abbraccio che ci siamo date mi ha regalato un’emozione indescrivibile. Lei e la sua famiglia mi hanno ringraziato, ha capito di aver sbagliato, trasportata dai problemi che stava vivendo. Il pensiero potesse causare risvolti negativi sui suoi figli l’ha convinta a non compiere quel gesto». Un gesto che non è stato compiuto anche grazie al lavoro di Pigliapoco: «Sono fiera di me stessa, consapevole di aver fatto qualcosa di importante. Sono piena di gioia e spero che quella donna possa ora risolvere i suoi problemi». A complimentarsi con la 25enne il sindaco osimano Pugnaloni e il governatore veneto Zaia. 

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Corriere Adriatico