Lite per il parcheggio: «Sei un terrone». Spunta una spranga, in tre a processo ad Ancona

Lite per il parcheggio: «Sei un terrone». Spunta una spranga, in tre a processo ad Ancona
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ANCONA - Scoppia la lite in strada per un parcheggio conteso: «Sei un terrone, ti faccio fare la fine che merita un maiale» avrebbero detto padre e figlio. La risposta dell’altro contendente, mentre impugnava un bloccasterzo: «Ti faccio mangiare la carne con la cannuccia, ora chiamo i miei amici per farti venire la tremarella».

 

Alla sbarra


Frasi pesanti che hanno fatto finire a giudizio tutti e tre i protagonisti della bagarre scoppiata il 26 dicembre del 2019 in via Ascoli Piceno. Devono rispondere di minacce aggravate: da una parte c’è un 45enne pugliese, residente lungo la strada dove è scoppiato il caos, dall’altra padre e figlio, rispettivamente anconetani di 68 e 35 anni. Ieri, davanti al giudice Tiziana Fancello si è aperto il dibattimento e hanno testimoniato tutti e tre, che figurano sia come imputati che parti civili. 


Il primo a riferire dei fatti è stato il pugliese: «Arrivato sotto casa - ha detto - ho dovuto mettere il veicolo (un mezzo pesante, ndr) in doppia fila perché non c’era posto e mi sono affiancato all’auto» degli altri due imputati. «Ho fatto scendere mia moglie, poi ho preso il bloccasterzo che avrei dovuto mettere su un altro mezzo. Ma mi sono ritrovato in trappola: un signore era davanti a me, un altro dietro. E sono iniziati gli insulti: “puzzi”, “sei un porco”, “fai schifo”, “sei un terrone”. Le minacce con il blocca sterzo? Mai fatte». Gli altri imputati, stando all’accusa, avrebbe anche mimato il taglio della gola. 


Il racconto del 68enne: «Non c’era posto e ho un attimo lasciato l’auto nello stallo dove c’erano i bidoni. Dopo un po’ mi sento dire: “è tua la macchina? Lì non ci può stare perchè io devo lasciare i furgoni”. Allora ci siamo attaccati a parole, io e mio figlio abbiamo ribattuto. Poi, è spuntato con il bloccasterzo e io ho chiamato la polizia. Non ho mai minacciato, ho solo risposto agli insulti». Il 45enne è difeso dall’avvocato Fabrizio La Rocca, padre e figlio dal legale Elisabetta Nicolini. Processo rinviato a luglio. 

 

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Corriere Adriatico