Urbani in affanno, 40 ricoverati Covid. Il sindaco: «Va utilizzato il terzo piano del Murri»

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JESI -  Oltre quaranta ricoverati Covid – quattro dei quali in terapia intensiva- e un ospedale Carlo Urbani «sempre più sotto pressione tra mancanza di infermieri e di spazi». È il quadro della seconda ondata pandemica nel nosocomio, così come emerso in un incontro avuto dal sindaco Massimo Bacci, e dall’assessore alla salute Marialuisa Quaglieri, insieme a vertici sanitari e primari. 

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Presenti il direttore generale di Area Vasta 2 Giovanni Guidi, la direttrice del presidio unico Stefania Mancinelli, la dirigente medico del presidio ospedaliero unificato Sonia Bacelli e i responsabili delle Unità operative Roberto Campagnacci, Marco Candela, Mario Caroli, Giorgio Di Noto e Rocco Politano, oltre che Angela Giacometti, responsabile dell’area infermieristica di Area Vasta 2. Una ottantina sarebbero stati sin qui, compresi quanti stanno proseguendo le cure altrove, i malati Covid transitati dall’Urbani. Ricevuto il resoconto delle difficoltà, Bacci ne è uscito con l’intenzione di prendere presto contatti coi sindaci di Senigallia e Fabriano in un’ottica di Area Vasta e rilanciando su un punto a lui caro: il recupero del terzo piano dell’ospedale Murri, adiacente l’Urbani, per farne una struttura di ricovero per i pazienti e per quanti non avrebbero altrimenti spazi adeguati dove trascorrere quarantene e isolamenti. 

«Emblematico- secondo l’amministrazione comunale di Jesi- il silenzio» nei mesi scorsi a fronte della richiesta. Secondo il Comune di Jesi infatti, «sarebbe bastato un modesto intervento di manutenzione, accompagnato da una maggiore efficacia nel reclutamento di nuovi infermieri, e oggi il Murri sarebbe pienamente funzionante e di supporto alla crescente pressione. Sarebbe una straordinaria valvola di sfogo, proprio accanto al Carlo Urbani, per accogliere sia i pazienti, sia coloro che debbono restare in isolamento domiciliare e non ne hanno la possibilità». Di qui l’intenzione di «un confronto diretto con la Regione e con l’Asur - l’assessore Saltamartini e la direttrice Storti - per individuare quelle soluzioni che nei cinque mesi precedenti, vale a dire dal primo picco dei contagi a quello odierno, non sono state né ricercate né attuate». 



Quanto alla situazione vissuta dall’Urbani, «serio- è il quadro ricostruito nell’incontro- il rischio di un incremento significativo di afflusso di nuovi contagiati, mentre già è stata parzialmente contratta l’attività chirurgica. Si prova a rispettare il piano pandemico già inoltrato all’Asur a settembre che però è ancora parziale, nell’impossibilità di portarlo a compimento per carenza di organico e perché ulteriori accorpamenti tra reparti non sono prevedibili dal momento che le aree pulite (le cosiddette aree no Covid) in questa fase epidemiologica stanno andando anch’esse a saturazione». Inoltre «il reclutamento del personale procede con grande difficoltà tra burocrazia e il fatto che poche unità di organico alla fine accettano le chiamate per i più svariati motivi, come il tempo di assunzione limitato o la maggiore appetibilità contrattuale di altre sedi». 

 

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Corriere Adriatico