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JESI - Era accusato di aver chiesto una sorta di “pizzo” al titolare di un internet point: «O mi dai i soldi, oppure ti incendio il negozio». In più, la procura gli aveva contestato di aver gettato a terra uno scaffale del locale e di aver rubato bottiglie di alcolici e birre. Sul banco degli imputati, era finito con le accuse di tentata estorsione e furto aggravato un riminese di 36 anni, domiciliato a Jesi. Per entrambi i reati, ieri il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a due anni e otto mesi di reclusione.
La stangata è stata evitata, perché il giudice Alberto Pallucchini ha decretato una pena di sei mesi, assolvendo l’imputato per l’accusa più grave.
Stando alla ricostruzione della procura, il 36enne aveva pesantemente minacciato lo straniero: «Se non mi dai i soldi, tu chiudi domani. Do fuoco a tutto il negozio» il tenore delle frasi minatorie rivolte al titolare dell’attività commerciale. In un’altra occasione, il 36enne avrebbe danneggiato lo scaffale del negozio, impadronendosi di bottiglie di superalcolici e birre. In precedenza, alcune bevande consumate non erano state pagate dall’imputato. Di qui, il clima di tensione creatosi tra le parti. Era stata la stessa vittima a denunciare il riminese alle forze dell’ordine, dando il via al procedimento penale che si è concluso ieri mattina.
La difesa ha sempre respinto l’accusa di estorsione, sostenendo che – tra l’altro – la presunta frase minatoria contestata dalla procura non era neanche stata rivolta direttamente alla vittima e neppure all’interno dell’internet point. Inoltre, l’imputato non avrebbe mai ricevuto denaro dal titolare del negozio di via Garibaldi, ancora operativo.
Federica Serfi Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico