JESI - Tre milioni e mezzo di euro in meno nelle casse del Comune a causa dell’emergenza Covid e dei suoi effetti, fra minori entrate e aumenti di spesa. Un conto...
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Quindi attenzione a «verificare e quantificare l’entità delle minori entrate correnti, di natura tributaria e patrimoniale, dovute alla sospensione delle attività produttive e alle restrizioni relative alla circolazione delle persone; eventuali risparmi di spesa corrente derivanti dalla mancata esecuzione di attività non necessarie e facoltative e non connesse all’effettuazione di servizi indispensabili; incrementi di spesa dovuti a attività e funzioni espletate nella fase di emergenza».
C’è da fare i conti con tasse dai pagamenti sospesi, come la Tosap (ma non sui passi carrabili), e con introiti slittati nel tempo rispetto alle scadenze originarie, vedi la prima rata della Tari da maggio allo scorso luglio. Quanto all’Imu, non ci sono stati rinvii per il pagamento della prima rata in giugno ma il Comune ha stabilito che il versamento in ritardo, entro e non oltre il 30 settembre prossimo, non sarà sottoposto a sanzioni o interessi. «Fare debito - ha già spiegato Bacci - è percorribile solo in parte. La spesa corrente per costi di gestione, come il personale o fornire servizi, non può essere coperta col ricorso a mutui. Si può, e l’abbiamo fatto, allungare il periodo di ammortamento dei mutui in essere. Il che alleggerisce un poco ma la spesa corrente deve essere coperta da entrate correnti: o dall’imposizione diretta o da contributi dello Stato».
Si sono anche venute a creare situazioni come quella che coinvolgono la società partecipata Jesiservizi che, già dopo poche settimane dall’inizio del lockdown, al termine dello scorso mese di marzo accusava una perdita in bilancio di oltre 153mila euro, senza considerare le imposte. «Causa Covid - ha evidenziato Bacci - quattro dei cinque settori di attività di JesiServizi hanno dovuto affrontare maggiori spese o una netta diminuzione degli introiti. I parcheggi a pagamento con il blocco della circolazione hanno visto drasticamente ridotte le entrate. Per la raccolta rifiuti, la necessità di una differente organizzazione del lavoro ha comportato maggiori spese per 30 mila euro».
Infine, «i servizi mensa e trasporto scolastici, pur potendo far conto in parte sull’utilizzo degli ammortizzatori sociali e pur non avendo dovuto sostenere spese come per l’acquisto delle derrate alimentari, hanno comunque dovuto affrontare i costi relativi a strutture, ammortamenti e d’esercizio, in assenza di introiti». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico