Insultata, derisa e picchiata dall’ex ragazza di 30 anni salvata dalla mamma

Insultata, derisa e picchiata dall’ex ragazza di 30 anni salvata dalla mamma
JESI - Una violenza che va avanti da anni, consumata tra le mura domestiche anche quando il rapporto s’era incrinato, quando le strade sembravano essersi divise con la...

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JESI - Una violenza che va avanti da anni, consumata tra le mura domestiche anche quando il rapporto s’era incrinato, quando le strade sembravano essersi divise con la separazione. Il legame del figlio, pretesto per rientrare in casa e dominare, ancora. L’ennesima brutale aggressione che ha visto vittima una donna 30enne jesina si è consumata nella notte tra venerdì e sabato in una villetta bifamiliare della zona di Colle Paradiso, quartiere bene della città. L’uomo, jesino di qualche anno più grande della ex moglie, venerdì notte ha bussato alla porta della donna, chiedendo di entrare. Una scusa, una delle solite. Ma la donna, stretta nei lacci di quel rapporto malato, ha acconsentito, forse sorretta da una piccola speranza di vederlo cambiato. 


 

Invece è bastato poco, una scintilla per innescare l’ira. Una discussione come al solito e poi gli schiaffi, i pugni, le botte. Lui che la afferra per i capelli, tanto da strapparne alcune ciocche. Sfogatosi, l’uomo si addormenta. E’ la madre della vittima ad accorgersi di quanto accaduto: abita al piano di sopra della villetta, scende per chiedere delle cose alla figlia e lei apre la porta col volto tumefatto, i lividi, i capelli strappati e i segni della violenza. La madre sa che è sempre lui, quell’uomo di cui non riescono a liberarsi e chiama il 112. L’aliquota Radiomobile interviene sul posto, il marito-padrone ancora in casa, sentendo le sirene scappa. La donna viene accompagnata al pronto soccorso dell’ospedale Carlo Urbani dove è stata medicata. I medici l’hanno dimessa con una prognosi di 10 giorni. Parlando con i militari, è emersa una storia triste di soprusi e violenze che andava avanti da almeno 4-5 anni, botte e maltrattamenti sempre taciuti. La donna per amore di quell’uomo e sentendosi in colpa dopo la nascita del figlio, aveva sempre subìto in silenzio. Mai un accesso in ospedale, mai una denuncia o una richiesta di aiuto.  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico