Il sogno infranto di Daniele, la stella nascente del calcio e ragazzo d’oro

Il sogno infranto di Daniele, la stella nascente del calcio e ragazzo d’oro
SENIGALLIA - Aveva il piede sinistro vellutato e potente di Dybala, e l’educazione di bravo ragazzo. Era due volte golden boy, sul campo e nella vita, Daniele Pongetti. Le...

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SENIGALLIA - Aveva il piede sinistro vellutato e potente di Dybala, e l’educazione di bravo ragazzo. Era due volte golden boy, sul campo e nella vita, Daniele Pongetti. Le ali di talento del pallone gli sono state tarpate dalla parabola dell’Ancona proprio quando sembrava proiettato nel panorama calcistico nazionale. I sogni di ragazzino spezzati a 16 anni da una morte assurda. Supertifoso della Juve, il grande salto lo attendeva a 13 anni: partiva da Senigallia per allenarsi con l’Ancona 1905. Lo ha fatto da giugno 2015 a dicembre 2016, poi il settore giovanile biancorosso è caduto in disgrazia. «L’ho allenato per un anno, veniva dal Senigallia calcio - ricorda mister Luca Domenichetti - era stato selezionato per la preparazione con l’Ancona, per partecipare al campionato dei giovanissimi nazionali». Era forte Daniele. «Faceva l’attaccante, poteva giocare punta centrale o esterno. Buon fisico, veloce, sinistro naturale. Molto promettente».


 

Un campione in erba, anche fuori dal rettangolo verde. «Molto educato e tranquillo, Daniele era generoso, era punto di riferimento per i compagni. Un ragazzo modello». Lo esalta con un filo di voce Massimiliano Frulla, factotum del Senigallia Calcio. «Tornato da noi, era fermo per la rieducazione al ginocchio operato dopo una distorsione. Un ragazzo stupendo e tra i più bravi a giocare, tanto che ce lo aveva richiesto l’Ancona». Pausa, silenzio commosso. «Lo stavamo aspettando dopo l’infortunio, ne parlavamo con il padre questi giorni». Già, il padre Massimo. La tragedia di Daniele stende un’ombra sul Comune di Senigallia, dove il papà lavora all’ufficio Economato. Il sindaco Mangialardi parla con un filo di voce, stravolto dalla tragedia enorme. «Una dramma assurdo, Daniele giocava a calcio con mio figlio. Massimo è una persona che si impegna tanto, che disasatro». Una famiglia distrutta per la fine inaccettabile di Daniele: la mamma titolare di un’impresa di polizia e la sorella maggiore Debora sono straziate. Piangono i compagni di scuola.


Domani resterà vuoto il suo banco all’Itis Volterra di Ancona, la scuola che frequentava. Sarà vivo invece l’incubo incancellabile per Fabio, l’amico che l’ha visto morire. Il racconto dell’inferno: «Ho sentito la gola che pizzicava e tutti che uscivano – racconta il 14enne – mi sono diretto anch’io verso l’uscita. C’era Daniele che scappava. Ad un tratto mi sono trovato per terra. Non potevo muovere le gambe, ho allungato una mano e ho afferrato una gamba: era del buttafuori. Mi ha guardato e mi ha tirato su. È stato in quel momento che ho rivisto Daniele, era per terra e la gente gli passava sopra. Aveva il volto marrone, non scorderò mai questa immagine. Credo fosse già morto». Altro racconto, altra stilettata al cuore: «Due ore prima cantavo con Daniele, due ore dopo non c’era più. Quando è successo ero al bar, lui in quel momento era in pista. Non si può morire così».  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico