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ANCONA Avrebbero potuto risolvere subito la faccenda, pagando una multa da 100 euro. E invece, per una questione di principio, credendo fermamente nelle proprie ragioni, padre e figlio hanno deciso di contestare la sanzione comminata dai vigili per guida con il cellulare. Ma dopo la sentenza sfavorevole in primo grado, ora il genitore rischia un processo per falsa testimonianza.
I fatti
Eppure non si è arreso. Insieme al figlio ha deciso di impugnare il verdetto e ricorrere in appello, tanto che il Comune di Ancona ora si è dovuto costituire in giudizio con l’avvocato Monica De Feo.
A suo dire, infatti, quando è stato fermato non stava telefonando: il cellulare era posizionato su un supporto nel cruscotto, come ha provato a dimostrare producendo delle foto. E per corroborare la sua tesi, il ragazzo ha chiamato a testimoniare il padre che in quel pomeriggio d’agosto di quasi quattro anni fa era seduto in auto accanto a lui. L’uomo, ascoltato dal tribunale a cui nel frattempo il giudice di pace aveva trasmesso gli atti, ha confermato la versione del figlio. Ma per questo è finito nei guai.
L’appello
Nel giugno scorso, infatti, il tribunale ha rigettato la querela di falso presentata dal giovane e l’ha condannato a pagare, oltre alla multa, anche le spese di lite a favore del Comune, per quasi 4mila euro. Non solo: il giudice ha trasmesso gli atti alla procura che ha aperto un’indagine a carico del padre per la presunta falsa testimonianza. Ma i due non mollano: a novembre hanno fatto ricorso, chiedendo la sospensione della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado e, di nuovo, l’annullamento della multa elevata dai vigili. Alla Corte d’appello l’ultima parola.
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Corriere Adriatico