FILOTTRANO - Quello che il Covid-19 mette a nudo è tutta l’impotenza degli uomini di fronte a un nemico invisibile che potrebbe colpire chiunque, senza...
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Ha guardato da lontano i suoi cari spegnersi l’uno dopo l’altro, costretta a non avvicinarsi, a filtrare il dolore, a imparare a gestirlo, ammesso che sia possibile farlo. In un momento così drammatico per tutti, ci soffermiamo sulla storia di Federica, ex pallavolista della Lardini volley, dirigente sportivo, infermiera presso la casa di riposo di Filottrano e da dieci mesi, mamma di una bellissima creatura. Federica Feliziani in pochi giorni ha perso la nonna materna, Isolina, che tutti hanno conosciuto attraverso la cronaca come “paziente zero” della Casa di riposo di Cingoli dove sono scoppiati i focolai più difficili del contagio. Ma ha anche perso l’amato padre Luciano e il giorno dopo di lui, il nonno paterno Giulio, ucciso dal dolore per suo figlio.
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«Non mi rendo ancora conto di tutto questo dolore arrivato tutto insieme – racconta Federica Feliziani – parlarne mi aiuta a razionalizzare, perché è come se fosse tutto distante. Mi sembra surreale, sono a Filottrano ma non posso stare accanto a mia madre che adesso avrebbe così tanto bisogno di me… Non posso abbracciarla perché è in quarantena, aspetta l’esito del tampone cui si è sottoposta perché la nonna, sua madre, è morta alla Casa di riposo di Cingoli di Covid-19. Non ci possiamo abbracciare, avvicinare, proprio noi che vivendo tutti vicini nel quartiere siamo cresciuti tutti insieme». Nonna Isolina Carbonari, 89 anni, si è spenta il 16 marzo all’ospedale di Camerino. La figlia, che le prestava assistenza, è stata messa in quarantena. «La nostra preoccupazione era per babbo, 62 anni - continua a raccontarci Federica - faceva la dialisi, aveva altri problemi. Proprio per questo aveva tanta paura. Ricordo che mi diceva “questo maledetto sembra fatto per me”. E io ci soffrivo, perché in effetti sapevo che era particolarmente a rischio. Ha avuto una febbrucola accompagnata da gran debolezza. Ho chiamato in ospedale e mi hanno detto di aspettare, che gli avrebbero dovuto fare il tampone…».
Ma non hanno fatto in tempo: il 23 i familiari hanno chiamato il 118, perché non respirava più. «Babbo ha avuto una crisi cardiorespiratoria ed è morto a casa, con mamma vicino e nonno che dal piano di sotto mi bussava sul vetro della finestra per avere notizie. Io stavo fuori, in giardino. Non potevo entrare, allatto la mia piccola Giulia, devo stare attenta. Il sospetto era che avesse contratto il Covid-19 ma non gli hanno fatto il tampone, non lo sapremo mai. So solo che siamo sollevati, per quanto possibile, che sia morto qui con noi. Babbo odiava gli ospedali e vedere come muoiono quei poveretti contagiati, da soli, senza il conforto delle loro famiglie, è straziante. Anzi ringraziamo tutti quelli che ci sono stati vicinie i soccorritori che sono venuti». «Quel giorno è stato molto difficile per tutti, ma soprattutto per nonno - conclude Federica - che era un uomo di 93 anni ma autonomo. Non ha retto al dolore di aver perso suo figlio: il giorno dopo babbo, se n’è andato anche lui. Credo sia morto di crepacuore». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico