FALCONARA - «Quando siamo rimaste senza casa, siamo state costrette ad occupare un immobile di proprietà comunale ma inutilizzato da anni. Era completamente in...
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Le donne dall’inizio 2017 vivono come possono – Simona fa lavori saltuari, Giulia è disoccupata per motivi di salute - in via Damiano Chiesa, a Villanova, un bilocale utilizzato un tempo come emergenza abitativa. «Ma da aprile siamo senza acqua: il tubo è stato staccato dopo aver chiesto per tanto tempo l’allaccio a nostro nome. Andiamo avanti con le taniche riempite in piazza. I servizi sociali conoscono la nostra situazione, ma da sei mesi non è cambiato niente. E adesso che arriva l’inverno come faremo? Perché non si riesce a trovare una soluzione?». Sono arrivate ad occupare il bilocale dopo uno sfratto subito a fine 2016, quando hanno lasciato un appartamento di via dei Mille in cui erano riuscite ad entrare nel 2013 attraverso il “Progetto Casa” bandito dall’allora amministrazione Brandoni che prevedeva la copertura di metà dell’affitto a carico del Comune. «A un certo punto – racconta Simona – i soldi non sono più arrivati e noi non siamo state in grado di affrontare le spese. Il giorno stesso dello sfratto siamo andate in Comune ma nessuno ci ha aiutato». Dopo settimane di alloggi di fortuna, ecco Villanova. «La porta non aveva serratura, la casa era sventrata, ma siamo rimaste: almeno c’era un tetto». Il primo giorno sono andate ad “autodenunciarsi” in Comune per l’occupazione. Sono seguiti la ristrutturazione, gli arredi e l’intestazione delle bollette di luce e gas: «Per l’acqua abbiamo chiesto di poter modificare il contratto, facendoci noi carico dell’utenza e non il Comune. L’intestazione dell’allaccio, però, non è mai stata cambiata nonostante i vari solleciti».
Ad aprile la fornitura idrica viene staccata. Il disagio diventa enorme: sia dal punto di vista igienico-sanitario, sia perché Giulia – a causa di una recente operazione alla schiena – ha bisogno di riposare in un ambiente caldo. «Non vogliamo favoritismi o passare avanti ad altre persone disagiate. Vorremmo solo che l’amministrazione regolarizzasse la situazione, dato che ne ha preso atto da tempo. Siamo ormai da tre anni in quella casa e l’abbiamo fatta nostra. Nelle graduatorie per le case popolari non siamo in posizioni idonee. Perché toglierci anche l’acqua?». Le due, dal punto di vista legale, sono state sempre seguite dalle avvocatesse Elena Martini e Cristina Bolognini: «Le persone deputate ad occuparsi della questione non sono state capaci di dare una risposta reale a queste esigenze». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico