Incendio alla raffineria Api, fascicolo aperto dalla procura: nove indagati, scatta una perizia

La procura si muove per l'incendio all'Api: nove indagati, scatta una perizia
FALCONARA - Un fascicolo aperto, nove indagati e una perizia per scandagliare le cause del rogo che lo scorso 24 febbraio ha tenuto per mezz’ora con il fiato sospeso la...

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FALCONARA - Un fascicolo aperto, nove indagati e una perizia per scandagliare le cause del rogo che lo scorso 24 febbraio ha tenuto per mezz’ora con il fiato sospeso la città di Falconara. È entrata nel vivo ieri mattina l’indagine fatta scattare dal pm Irene Bilotta dopo l’incendio avvenuto all’interno della raffineria Api, nell’area del Cracking termico.

 

Sono infatti iniziate le operazioni peritali nella zona danneggiata dalle fiamme, con tanto di primi campionamenti. A partecipare, il perito scelto dalla procura, l’ingegner Gabriele Annovi e diversi consulenti di parte, tra cui un tecnico incaricato dal Comune di Falconara. 

Il procedimento

L’ente presieduto dal sindaco Stefania Signorini risulta essere parte offesa nel procedimento, così come due cittadini che hanno deciso di essere rappresentati dall’avvocato Monia Mancini. Per quanto riguarda i reati, il pm ne ha ipotizzati tre: getto pericoloso di cose (ovvero l’emissione di esalazioni nocive sviluppatesi a seguito dell’incendio); incendio colposo e inquinamento ambientale. Sono nove le persone a cui a arrivato l’avviso di garanzia. Un atto dovuto per permettere loro di partecipare all’atto tecnico irripetibile e dare la possibilità di nominare i consulenti. Si tratta di vertici della raffineria, capi reparto, capi turno e responsabili di settori interni allo stabilimento nel giorno dello scoppio del rogo. I quesiti che il pm ha posto al perito sono nove. Il primo, comprensibilmente, punta a scoprire le cause che hanno portato alle fiamme e se queste possano essere riconducibili ad eventuali deficit manutentivi degli impianti. Inoltre, è stato chiesto di individuare le modalità di gestione dell’emergenza ed i soggetti ad essere preposti; le modalità di raccolta delle acque di spegnimento del rogo; la gestione dei rifiuti prodotti dall’incendio; l’impatto ambientale dovuto alla combustione, l’eventuale inquinamento portato dall’incendio. Ieri mattina, sono iniziate le operazioni peritali: sono stati eseguiti campionamenti di acqua dai piezometri e da un serbatoio da cui sono conferite le acque di spegnimento dell’incendio. Prelievi sono stati fatti anche nelle zone di terreno in prossimità dell’incendio, per analizzare l’eventuale livello di contaminazione del suolo. L’ingegnere Annovi avrà sessanta giorni di tempo, salvo proroghe, per portare sul tavolo del pm una relazione che possa rispondere ai quesiti richiesti. 

Le esalazioni

Lo stesso pubblico ministero è quello che ha in mano il fascicolo (l’indagine è ancora in corso) per le esalazioni risalenti all’aprile del 2018. Gli odori nauseabondi, all’epoca arrivati fino ad alcuni quartieri di Ancona, erano riferibili allo sversamento di grezzo sul tetto del serbatoio Tk 61. In relazione all’incendio del 24 febbraio, stando ad una primissima ipotesi, le fiamme si sarebbero propagate da una pompa di carica con cui si producono gli idrocarburi paraffinici leggeri. Non ci sono stati feriti tra gli operai dello stabilimento, che ha gestito l’intervento attivando i protocolli contenuti all’interno del Piano di Emergenza Interno (Pei).

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Corriere Adriatico