A 15 anni si spara con il fucile da soft air L’arma era del patrigno, finito a processo

A 15 anni si spara con il fucile da soft air L’arma era del patrigno, finito a processo
FALCONARA - Si era sparato alla tempia con una carabina da soft air in camera da letto. All’origine del gesto, il difficile divorzio tra i genitori e presunti episodi di...

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FALCONARA - Si era sparato alla tempia con una carabina da soft air in camera da letto. All’origine del gesto, il difficile divorzio tra i genitori e presunti episodi di bullismo subiti nella scuola che frequentava. Per due settimane, un 15enne falconarese era rimasto incosciente nel reparto di Rianimazione dell’ospedale di Torrette. All’inizio di luglio 2015, si era risvegliato, mettendo fine all’incubo di familiari e amici.


L’episodio, però, ha portato degli strascichi nella vita di chi al momento dello sparo viveva in casa con il minore. È stato il patrigno del ragazzo, ora maggiorenne e residente fuori dalle Marche, ad affrontare un processo penale da sotf air - il gioco che consiste nel simulare battaglie con armi depotenziate - per omessa custodia delle armi. Apparteneva a lui il fucile con cui si era sparato il minore. Ieri mattina, il giudice Pietro Renna lo ha assolto dopo la deposizione in aula e a quasi tre anni dal tragico gesto commesso dal ragazzo. L’uomo, 59 anni, assistito dall’avvocato Fabrizio Belfiore, si era visto recapitare un decreto penale di condanna, ma ha deciso di affrontare il processo, sicuro della sua innocenza. 

Ieri, ha ricostruito l’episodio accaduto nella notte tra il 23 e il 24 giugno 2015, in una villetta di Falconara Alta. «Attorno alle 3.30 – ha detto – mi sono svegliato nel cuore della notte dopo un boato. Ho sentito mia moglie piangere e urlare, poi ho visto quello che era successo». Davanti ai suoi occhi, la scena del ragazzino seduto privo di sensi sulla poltrona della camera da letto, al primo piano della villetta. Accanto a lui, un fucile da soft air che poco prima si era puntato alla tempia. Il piombino, per fortuna, non era entrato nel cranio.

«Quella carabina – ha continuato – la tenevo in un armadietto di legno al terzo piano, chiuso a chiave. Solo due giorni dopo l’episodio mi sono accorto che la serratura era stata rotta». A infrangerla, il figlio della moglie, convinto a farla finita. «Ma è stato un fulmine a ciel sereno. Niente faceva presagire a un gesto simile, anche se il periodo che stava passando era un po’ complicato». Il 59enne ha menzionato sia il divorzio un po’ burrascoso tra i genitori del ragazzo e ha fatto riferimento ad atti di bullismo che avrebbe subito nel liceo che aveva frequentato a Falconara e poi mollato senza arrivare alla fine dell’anno. 


Al 59enne veniva contestata l’omessa custodia della carabina, ma il difensore ha dimostrato come il fucile fosse depotenziato e che, nel caso del soft air, non si applicano gli stessi criteri delle armi con la polvere da sparo. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico