Omicidio Fabriano, Alessandra Galea al gip: «Ho respinto un approccio sessuale. Mi sono difesa, non ho ucciso Fausto»

Alessandra Galea al gip: «Ho respinto un approccio sessuale. Mi sono difesa, non ho ucciso Fausto»
FABRIANO -  «Non volevo ucciderlo o fargli del male, mi sono solo difesa respingendo un approccio sessuale». Si è difesa così Alessandra Galea...

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FABRIANO -  «Non volevo ucciderlo o fargli del male, mi sono solo difesa respingendo un approccio sessuale». Si è difesa così Alessandra Galea davanti al gip Sonia Piermartini nel corso dell’udienza di convalida del fermo che si è tenuta ieri mattina nel carcere di Pesaro, dove la 50enne è reclusa da domenica mattina con l’accusa di aver ucciso il compagno Fausto Baldoni, nell’appartamento che condividevano in via Castelli 56.

 

Al termine dell’udienza, il gip ha deciso di non convalidare il fermo, ma ha comunque disposto la massima misura cautelare prevista: quella del carcere. Sulla decisione avrebbero pesato il pericolo di reiterazione del reato e l’inquinamento probatorio. L’accusa rimane la stessa: omicidio volontario.


L’interrogatorio


Nel corso del faccia a faccia con il gip, la 50enne ha ripercorso le tappe dello scorso sabato. «Ho reagito a un approccio sessuale non gradito, ma non ho impugnato nessuna arma» il senso delle parole della Galea che, in pratica, si sarebbe difesa a mani nude. Ha negato di averlo colpito alla testa con una lampada. Al termine del bisticcio con il 63enne operaio, la donna se ne è andata da casa «perché avevo già in programma di andare a trovare i miei due figli», che vivono fuori dalle Marche. Ma perché non sono stati chiamati i soccorsi? La donna non avrebbe avuto contezza delle conseguenze della litigata, pensando che non fosse accaduto nulla di grave. Il ritorno in via Castelli ci sarebbe stato attorno alle 20. È dai vicini che ha appreso della morte del 63enne. 


L’accusa


Diversa la versione della procura, per cui la donna avrebbe colpito Baldoni con una lampada, ritrovata dai carabinieri nell’appartamento. Due i colpi inferti, considerando che sulla testa dell’uomo sono state trovate altrettante ferite. Baldoni, al momento del ritrovamento, versava in una pozza di sangue nel corridoio che conduce alla camera da letto e indossava solo biancheria intima. 


L’accertamento


Ieri, il medico legale Mauro Pesaresi ha eseguito l’autopsia sul corpo della vittima, all’obitorio dell’ospedale regionale di Torrette. Stando a un primissimo riscontro, l’operaio sarebbe morto per una grave lesione cerebrale. L’ipotesi, ancora da accertare, è che il 63enne possa essere stato colpito con la lampada e poi caduto, sbattendo ancora la testa. La morte non sarebbe stata immediata. Né la difesa, rappresentata dall’avvocato Franco Libori, né i familiari della vittima, assistiti dal legale Angelo Franceschetti, hanno nominato dei loro consulenti legali. Probabilmente, oggi la procura disporrà la restituzione della salma per poter organizzare il funerale. 


La tragedia


Il corpo dell’operaio è stato ritrovato senza vita attorno alle 20 di sabato. A chiamare i soccorsi è stata la sorella Rita: si è preoccupata quando il fratello non si è presentato a un pranzo in campagna, a Scheggia, località a una mezz’oretta da Fabriano. Lo ha chiamato al telefono, poi al citofono. Niente. I vicini, alcuni già sentiti dai carabinieri, hanno detto di aver sentito spesso della urla provenire dall’appartamento della coppia. Litigi riconducibili a motivi economici.  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico