CUPRAMONTANA - «Il giorno della tragedia, quando ho chiesto cosa era successo al bambino, non mi ha saputo dire nulla. È rimasto in silenzio. Per questo, dobbiamo...
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«Una cosa del genere non era immaginabile. Non c’erano stati segnali che potessero spingerci a pensare che sarebbe avvenuta», ha detto ieri pomeriggio seduto nelle seggiole del ballatoio del tribunale che conduce verso la procura. Accanto a lui i suoi altri due figli e la moglie di Besart, Sevime, incinta al settimo mese. Tutti sono stati chiamati dal pm Valentina Bavai e dai carabinieri del Nucleo Investigativo per essere ascoltati sui fatti accaduti il pomeriggio della tragedia. L’audizione c’è stata solamente un giorno dopo il loro ritorno a Cupramontana a seguito del viaggio intrapreso in Macedonia per seppellire a Gostivar, la città di origine degli Imeri – il piccolo Hamid, partito dall’obitorio di Ancona giovedì pomeriggio.
La prima ad essere ascoltata dagli inquirenti è stata Sevime che il giorno del delitto era stata colta da un malore per cui era stato necessario il ricovero all’ospedale di Jesi. «Sono entrata in procura – ha detto con un filo di voce – ma non sto affatto bene». Dopo di lei, è toccato ai fratelli (uno è ancora minorenne) del 26enne. Sguardo basso, occhi lucidi e poca voglia di parlare. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico