Besart, l’ultima visita in psichiatria il giorno prima dell’omicidio di Hamid

Besart, l’ultima visita in psichiatria il giorno prima dell’omicidio di Hamid
CUPRAMONTANA - Ventisei anni, già padre di due figli e di una terza creatura in arrivo. E accusato del più orribile dei delitti, quello di aver ucciso il suo...

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CUPRAMONTANA - Ventisei anni, già padre di due figli e di una terza creatura in arrivo. E accusato del più orribile dei delitti, quello di aver ucciso il suo primogenito Hamid. È rinchiuso nel carcere di Montacuto Besart Imeri, il giovane padre macedone che all’alba di venerdì ha confessato ai Carabinieri e al pm Valentina Bavai di aver strappato alla vita il suo piccolino, Hamid. Eppure, nessuno vedendolo insieme al figlio, avrebbe mai potuto dire che quel padre, ancora così ragazzo lui stesso, avrebbe mai potuto fare del male al suo bambino. Giocavano, si coccolavano, erano complici. 


Mercoledì Bersart era andato alla psichiatria di Jesi per un colloquio. Per il giovane padre era un momento difficile: un terzo figlio in arrivo, la moglie Sevime al settimo mese di gravidanza che avrebbe voluto far nascere la creatura a Gostivar, nel loro Paese. E quel lavoro di saldatore con cui sfamava la famiglia, che da sei mesi non dava più loro la garanzia di sussistenza e anche per gli esami ematochimici e per fronteggiare i problemi alimentari di Hamid, celiaco e con numerose intolleranze. La perdita del lavoro aveva scombussolato la vita di Bersart. E mentre lui parlava con i medici, intanto il piccoletto si prendeva le coccole e gli scherzetti di infermieri e operatori, così buffo e simpatico.


Un adorabile portatore di gioia in un reparto dove ogni sentimento viene vissuto con equilibri diversi e precari. Ventiquattr’ore dopo quel colloquio, da cui il giovane sarebbe uscito tranquillo e pacato, l’orribile fine del bambino. Strozzato a mani nude dal padre. Almeno questa la prima ipotesi avanzata dagli inquirenti sulla base dell’ispezione cadaverica medico-legale effettuata giovedì sera dall’anatomopatologo Mauro Pesaresi nell’appartamento di via Bonanni 17 a Cupramontana quando gli evidenti segni sul collo del bambino hanno lasciato presagire a un efferato delitto. Besart è sotto choc. Intrappolato in uno stato a metà tra l’incapacità di comprendere cosa abbia commesso e il torpore di chi non ha più una ragione per vivere. Oggi sarà sottoposto all’interrogatorio di garanzia per la convalida del fermo. «Ho provato a parlare con lui - dice l’avvocato difensore Raffaele Sebastianelli - ma non è sereno, non si riesce ad affrontare un argomento. Gli chiedo come sta, ma risponde a monosillabi, è confuso. Non so neanche se sarà in grado di sostenere l’interrogatorio. Se verrà confermato che è stato lui - visto che il mio assistito è soltanto indiziato -, sarà difficile dire cosa sia successo nella sua testa. Forse si è trattato solo di un gesto di follia dietro il quale c’è una malattia da curare».  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico