Morti e contagiati nel focolaio Covid alla casa di riposo: «Troppe feste, erano necessarie?»

Morti e contagiati nel focolaio Covid alla casa di riposo: «Troppe feste, erano necessarie?»
CAMERANO - Si poteva fare meglio per scongiurare che entrasse il virus? Potevano essere evitati i contagi con un maggior rispetto delle regole? E’ quanto si chiedono alcuni...

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CAMERANO - Si poteva fare meglio per scongiurare che entrasse il virus? Potevano essere evitati i contagi con un maggior rispetto delle regole? E’ quanto si chiedono alcuni familiari degli ospiti dell’Opera Pia Ceci di Camerano, dove è scoppiato un focolaio che oramai ha contagiato più di due terzi dei ricoverati e che ha causato 3 decessi riconducibili al Covid, dei quattro che sono avvenuti negli ultimi giorni. Familiari che, sulla base anche di immagini postate sulla pagina Facebook della casa di riposo, si chiedono (pur senza voler apparire con nome e cognome) se sarebbe stato meglio evitare alcuni momenti di festa, che si sono svolti a gennaio e fino a pochi giorni prima dell’ingresso del virus, avvenuta il 5 febbraio.

 

Foto e video sui social

Si vedono immagini e video di diversi compleanni, momenti di animazione collettiva per tenere attivi gli anziani e un pomeriggio dedicato all’ascolta della musica lirica, con una ventina di anziani davanti a un maxi-schermo a vedere la Traviata. Interrogativi a cui risponde Massimo Piergiacomi, presidente della Fondazione Ceci che si sta battendo con tutto il personale per cercare di venire a capo di una situazione che diventa ogni giorno sempre più difficile.
«Fare meglio è sempre possibile e non abbiamo la presunzione di dire che siamo perfetti ma abbiamo sempre fatto tutto il possibile per tenere il Covid 18 fuori dal Ceci- afferma Piergiacomi- e mi sembra ingeneroso dire che abbiamo sbagliato qualcosa. Il fatto è che siamo riusciti a tenete il Ceci Covid free per 11 mesi, e non era semplice stante le tante perone ospiti (un centinaio) ed i circa 70 operatori presenti». Eppure l’Opera Pia Ceci ha attuato da subito, dai primi di marzo dello scorso anno, tutti i più rigidi protocolli blindando praticamente la struttura fino ai primi di giugno quando la casa di riposo è stata riaperta alle visite dei familiari. 

Prenotazioni e paratie

«Ma in tutta sicurezza e con prenotazioni - spiega il presidente della Ceci -, con vetri divisori per dare la possibilità ai nostri ospiti di avere un minimo di contato con i loro familiari. All’interno abbiamo cercato di allargare gli spazi comuni, distanziando al massimo le persone e nessun esterno ha più avuto la possibilità di entrare. Certo, abbiamo cercato di mantenere un minimo di socialità per non far sentire prigionieri i ricoverati, ma attuando tutte le misure necessarie. L’unica persona esterna entrata in tutto questo periodo è stato il parroco don Aldo per la Messa di Natale, ma prima si è sottoposto a tampone. E anche nell’ultimo periodo ci siamo sempre attenuti alle regole con grande prudenza. Certo se avessimo potuto avere i vaccini un mese prima probabilmente saremmo riusciti a contenere la pandemia». La situazione rimane molto complicata. «Abbiamo 78 ospiti positivi (di cui 14 ricoverati) e 18 negativi. Con una quindicina di operatori sanitari positivi a casa. Abbiamo grosse difficoltà con il personale, ormai stremato da almeno due settimane ininterrotte di lavoro».

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Corriere Adriatico