Il rebus del caffè da asporto: «Ma come si fa a lavorare così...»

Il rebus del caffè da asporto: «Ma come si fa a lavorare così...»
Per servire un espresso, a un barista ora serve il tempo che prima bastava per farne almeno cinque. Perché adesso, ai tempi del Covid con le norme anti-contagio che...

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Per servire un espresso, a un barista ora serve il tempo che prima bastava per farne almeno cinque. Perché adesso, ai tempi del Covid con le norme anti-contagio che disciplinano l’asporto di bevande, compreso un semplice caffè, chi è dietro il bancone deve contemporaneamente fare un sacco di cose: occuparsi del macinato, gestire le prenotazioni online o al telefono, fare il caffè, far pagare il cliente, disinfettare ogni volta i guanti, disciplinare l’ingresso di un avventore alla volta, fargli mantenere le distanze dal bancone e buttare anche un’occhiata all’esterno, perché se i clienti in attesa si assembrano può arrivare un tutore dell’ordine che ne chiede conto al commerciante.


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«Sono un barista, mica superman», fa notare giustamente Manuel Verdini del Caffè Saccaria di Jesi. Oppure, senza super-poteri, al bancone dovrebbero stare almeno due persone ogni turno. «Ma in queste condizioni incassiamo qualche decina di euro non possiamo permetterci due dipendenti», obietta giustamente Marina Longarini una delle titolari del “7 piazza Diaz” di Ancona. Per questo molti bar, anche dopo che sabato il governatore Ceriscioli ha autorizzato l’asporto pure delle sole bevande (ma sempre su prenotazione) molti bar non hanno riaperto. «Fin quando non si tornerà verso la normalità non riaprirò - annuncia ad esempio Gianni Baroni, del Bar Centrale di corso della Repubblica a Fabriano -. Troppe spese, troppe incertezze». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico