ANCONA - Quattordici anni di carcere per l'omicidio volontario del nonno, commesso con crudeltà ma con l'attenuante della seminfermità mentale. Questa la...
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Un delitto che sarebbe maturato nella mente dell'imputato, affetto da disturbi di tipo paranoide, perché riteneva che il nonno ostacolasse le sue richieste di aiuto economico anche nei confronti della cerchia dei familiari. Ridotto in fin di vita dai colpi subiti alla testa e al corpo, Manoni rimase in coma fino alla primavera dell'anno seguente. Sembrava essersi ripreso, ma nel maggio successivo le sue condizioni fisiche precipitarono per un'emorragia. L'anziano morì il 26 maggio 2016.
Una prima perizia aveva riconosciuto la completa infermità mentale di Morganti, attualmente detenuto. L'esito peritale era stato però parzialmente ribaltato da un' altra relazione chiesta dal pm Irene Bilotta che aveva sollecitato una condanna all'ergastolo. Il Gup ha escluso l'aggravante dei futili motivi, mentre le altre aggravanti della crudeltà e del legame di parentela sono state ritenute equivalenti all'attenuante della seminfermità. Oltre ai 14 anni di carcere, il giudice ha inflitto al 32enne la misura di sicurezza della reclusione in una Residenza per l'esecuzione della misura di sicurezza per tre anni. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico