La compagnia del Blasco già accampata davanti allo stadio Del Conero: «Due notti in tenda per un posto in prima fila al concerto»

La compagnia del Blasco già accampata davanti allo stadio Del Conero: «Due notti in tenda per un posto in prima fila al concerto»
ANCONA Due notti in tenda al parcheggio dello stadio pur di stare in prima fila. I fan più accaniti del Blasco sono disposti a tutto pur di godersi il concerto a distanza...

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ANCONA Due notti in tenda al parcheggio dello stadio pur di stare in prima fila. I fan più accaniti del Blasco sono disposti a tutto pur di godersi il concerto a distanza ravvicinata. I più se le fanno tutte lue date del tour, da veri seguaci. Arrivano da tutta Italia ad Ancona.

 

E seguendo una gerarchia interna, tutta loro, si accampano nei pressi dello stadio per poi spostarsi ai cancelli la notte prima dell’evento. In modo da entrare per primi e rispettando un ordine prestabilito: quello di arrivo all’accampamento.  Uno dei motivi del grande successo di Vasco è che ha saputo unire in maniera trasversale più generazioni. Infatti tra coloro che hanno fatto la scelta di arrivare con due giorni di anticipo e trascorrere le notti in tenda, ci sono ragazzi e ragazze di tutte le età.

I fans di tutte le età

Mattia è il più giovane del gruppo: viene da Modena e ha 21 anni. «Sono arrivato venerdì pomeriggio» dice il ragazzo. Vasco è entrato nella sua vita quando aveva undici anni. «Stavo affrontando un periodo particolare e mi sentivo molto giù - racconta - così ho digitato su YouTube “canzoni che ti fanno stare meglio”. Ed è comparsa “Vivere”. Da quel giorno Vasco è diventato un punto di riferimento». Poi c’è Rosa, originaria di Salerno, ma da tre anni trasferita a Bologna. Ha 58 anni di cui 44 passati con la musica di Vasco nel cuore. Lei è una di quelle che le date del tour se le fa tutte: «Sono qui da ieri sera (venerdì, ndr). Non mi pesa fare questo, perché Vasco ci dà la gioia. Non è lui a dover ringraziare noi, ma il contrario». 

Sotto l'ombra in cerca di ristoro

A vederli da lontano, raggruppati sotto l’ombra degli alberi del parcheggio, con un caldo infernale e le bottiglie d’acqua per rinfrescarsi, verrebbe da pensare che siano pazzi. Ma basta scambiare quattro chiacchiere con loro per rendersi conto che è proprio quell’attesa a rendere ancora più intenso il rito a cui hanno deciso di fare parte. «Puoi anche arrivare qui da solo - dice Tony che è venuto ad Ancona da Ivrea - poi si fa amicizia». Perché «il bello dell’attesa è proprio conoscere nuova gente» replica Mattia. Tutti diversi, per età, estrazione, cultura, stili di vita, ma uguali sotto un unico profilo che li accomuna: l’amore per Vasco. E’ questo ciò che conta quando si va ai suoi concerti. La fede quasi integralista verso un idolo che il suo popolo acclama e per cui sarebbe disposto a fare di tutto. Anche sopportare tre giorni di caldo torrido e due notti in tenda sull’asfalto di un parcheggio assolato. 

La prima volta


Il rito ha anche una sua iniziazione. Per ciascuno di loro il ricordo della scoperta della musica di Vasco è stampato indelebilmente nella memoria. «Avevo 12 anni e mi trovai per caso tra le mani la cassetta di “Liberi liberi” - racconta Francesco da Castelfidardo - è stato subito amore». La stessa musicassetta che colpì il cuore di Giulia di Ivrea: «L’ascoltavamo in macchina di mio papà quando andavamo in vacanza». Rosa è quella che ha una testimonianza diretta del Vasco degli esordi. «Avevo 14 anni quando ascoltai per la prima volta la sua musica - racconta - era la fine degli anni ’70. Mi è subito piaciuto perché era diverso dal resto dei cantautori dell’epoca. Nelle sue canzoni c’era tutto: la ribellione, l’ironia, le emozioni. Rappresentava il nuovo che stava arrivando. Ed era perfetto per la nostra generazione». Poi il primo concerto. «Il mio è stato nel ’96 a Torino» dice Giulia. Invece Rosa l’ha visto nei primissimi anni ’80. «Ma devo essere sincera - dice - non ricordo bene dove. In 44 anni ne ho fatti tanti di concerti, e potrei sbagliarmi su quale sia stato il primo. Ma comunque si tratta proprio degli inizi della sua carriera».
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Corriere Adriatico