Il ricordo straziante dello zio di Massimo: «Faceva le flessioni, voleva essere forte»

Il ricordo straziante dello zio di Massimo: «Faceva le flessioni, voleva essere forte»
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CASTELFIDARDO - «Massimo era avanti, era già bimbo adulto lui, per quello che gli piaceva fare e per come ragionava. Si svegliava la mattina e faceva le flessioni, voleva essere forte, già grande. Siamo disperati, non sembra possibile una cosa simile». Matteo Basile, lo zio di Massimo, non ha molte parole e le poche che riesce a dire sono spezzate dal pianto per la tragedia che ha travolto la sua famiglia. Che in queste ore delicate deciderà come e dove organizzare il funerale.

 

Il fratello di Massimo, che ha 10 anni, si è reso conto subito della tragedia. Come riferisce Paolo Sampaolesi che abita davanti al luogo dello schianto ed è stato con un vicino il primo a prestare soccorso. «Dopo averlo aiutato ad uscire dall’abitacolo il bimbo ci ha detto subito piangendo che c’era il fratellino pieno di sangue e temeva fosse morto sotto le lamiere della macchina» racconta sconvolto Sampaolesi, che è anche il titolare del vivaio dove è piombata l’auto.

Tra la portiera che si è aperta nella carambola e il montante è rimasto fatalmente schiacciato il piccolo Massimo. Sampaolesi racconta: «Ho sentito prima un forte rumore, sono sceso ma era tutto buio e non vedevo niente, mi sono allarmato quando ho sentito il clacson suonare a ripetizione, siamo corsi e abbiamo aiutato la ragazza e il figlio più grande ad uscire rompendo il lunotto col martello, mentre all’inizio non c’eravamo accorti dell’altro bimbo, era schiacciato dietro, ci ha detto il fratello che era lì, ma purtroppo non c’è stato nulla da fare».

L’auto è uscita di strada dopo una debole curva a sinistra poco prima del centro abitato di Cerretano. «Questa - dice Sampaolesi - è una strada maledetta, 13 anni fa ci è morto nostro figlio Andrea, qualche anno fa un altro ragazzo in scooter e poi un pedone investito, serve più illuminazione e magari un autovelox perché corrono troppo, ma dal Comune nessuno interviene».

 

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Corriere Adriatico