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JESI Finisce in carcere il 33enne jesino arrestato con l’accusa di aver abusato di una bambina di 6 anni all’interno di un bungalow di un camping sul lago Trasimeno, dove faceva l’animatore. Lo ha deciso il gip di Perugia, Piercarlo Frabotta, segnalando «all’autorità penitenziaria l’opportunità che venga assegnato, ove possibile, alla casa di reclusione di Milano Bollate dove è attiva l’Unità trattamento intensificato coordinata dal dottor Paolo Giulini, specializzata nella presa in carico degli autori di reati sessuali».
L’aggressione
Lì, come indicato dal suo avvocato Stefano Migliorelli, i medici potrebbero «aiutarlo, quindi salvarlo».
Sfogliando l’ordinanza, si leggono passaggi inquietanti sul 33enne accusato di violenza sessuale aggravata e detenzione di materiale pedopornografico. «Numerose foto di minori ritratti in pose sessualmente esplicite» sono state rinvenute nel suo cellulare. «Un’ingente quantità», precisa il pm Mario Formisano. Il gip parla di «inquietante spregiudicatezza e totale assenza di freni inibitori» da parte dell’indagato «nel sottoporre ad atti sessuali minori in tenerissima età».
«Ha cercato un lavoro per dare sfogo ai suoi impulsi sessuali»
Ci sono riferimenti alla sua «personalità negativa», al «precedente specifico» per fatti analoghi avvenuti ad Ancona per i quali è già stato condannato a 6 anni e al suo «stato mentale patologico che lo rende del tutto arrendevole alla devianza sessuale pedofila di cui è portatore».
«Va rimarcato - prosegue il gip - come nonostante la sottoposizione a misure cautelari nel procedimento anconetano e la consapevolezza da parte dell’indagato di essere sottoposto a processo per gravi fatti di violenza sessuale in danno di minori, egli non abbia esitato l’estate scorsa a cercare un lavoro mirato (animatore presso un camping) che gli consentisse di stare in mezzo ai bambini per dare sfogo alle proprie insane pulsioni sessuali, il che consente di formulare una prognosi di pressoché certa reiterazione del reato in assenza di presidi cautelari». Secondo il giudice, che inizialmente aveva disposto i domiciliari per l’ex maestro, «qualsiasi altra misura sarebbe priva di efficacia deterrente, lasciando l’indagato libero di muoversi sul territorio e di riproporre nell’immediatezza condotte delittuose analoghe a quelle per cui si procede».
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