OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
ANCONA Richiedente asilo viene arrestato nell’ambito di una maxi inchiesta sulla mafia nigeriana, dedita allo sfruttamento della prostituzione e allo spaccio. Con la reclusione a Montacuto, il prefetto gli revoca le misure di accoglienza. Lui, un nigeriano di 31 anni, ricorre al Tar e vince. La sentenza del tribunale amministrativo, arrivata dopo il ricorso presentata dall’avvocato Stefano Brugiapaglia è stata emessa sulla base delle direttive della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
I fatti
Ma andiamo con ordine: a luglio 2020 il nigeriano - all’epoca domiciliato in un centro di accoglienza di Jesi - viene arrestato dalla polizia e recluso in carcere con l’accusa, mossa dalla procura di Teramo, di far parte di un’associazione legata alla mafia nigeriana operativa tra le Marche e l’Abruzzo.
Cosa è successo? Che il richiedente asilo, ormai gravitante fuori dalle Marche e di fatto fuori dai circuiti dell’accoglienza, ha fatto ricorso al Tar. E lo ha vinto, sulla base si una recente sentenza della Corte Europea. In sostanza, anche le sanzioni più severe «non possono privare il richiedente della possibilità di provvedere ai suoi bisogni più elementari». Gli Stati membri quindi «possono imporre sanzioni che non hanno l’effetto di privare il richiedente delle condizioni materiali di accoglienza».
Il supporto al richiedente asilo va garantito «per tutto il procedimento amministrativo, attivato con la domanda di protezione internazionale». Le misure di accoglienza «non possono essere revocate fino all’esecuzione del provvedimento di espulsione e/o di rimpatrio nel Paese d’origine, emesso sulla base di una sentenza di condanna per reati di particolare allarme sociale. Il Tar ha così annullato il decreto prefettizio per far riesaminare il caso del nigeriano. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico