ANCONA «Non dire ai medici che facevano macrobiotica», raccomandava una collaboratrice di fiducia di Mario Pianesi a un papà maceratese che, dopo anni di fedele...
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«Mi hanno detto di non ascoltare i medici, tutto si sarebbe risolto seguendo una dieta adeguata che ha causato una protratta carenza vitaminica e di ferro». Per molto tempo il papà avrebbe continuato a far seguire alle figlie le indicazioni alimentari. Ma la loro salute peggiorava, fino a che una delle due è stata costretta al ricovero al Salesi. Quel giorno la vittima riferisce di aver ricevuto una telefonata da una collaboratrice di Pianesi. Raccomandava a lui e alla moglie «di non dire ai medici che facevano macrobiotica». L’uomo si sente in colpa per aver aspettato troppo. «Grazie ad aiuti esterni ci è stato possibile superare quel profondissimo stato di soggezione per Pianesi - ha raccontato -, tanto profondo da aver involontariamente contribuito a minare la salute delle nostre figlie. Quando ce ne siamo accorti era già tardi».
Alle piccole i medici avrebbero riscontrato un ritardo cognitivo e una grave ipoacusia sensoriale bilaterale, anche se è da dimostrare la correlazione della malattia con la dieta macrobiotica. Il papà maceratese è una delle 15 vittime che hanno denunciato la psico-setta, ma dopo che la Squadra Mobile di Ancona, coordinata dal vicequestore Carlo Pinto, ha scoperchiato il vaso di Pandora, una raffica di segnalazioni sono pervenute alla Procura di Ancona, che indaga con il pm Paolo Gubinelli. Potrebbe aggravarsi il quadro probatorio a carico di Mario Pianesi, il re della macrobiotica con la terza media in tasca e un mucchio di riconoscimenti da mezzo mondo appesi alle pareti. La galassia di società satellite afferenti alla sua associazione Un Punto Macrobiotico si dipanava in un centinaio di circoli di ristorazione dove il diktat era “Zitto e lavora”, gratis o in nero, a ritmi sfibranti e sottoposti alle ferree 5 diete Ma-Pi. Con quelle, per gli inquirenti, Pianesi dominava lo stomaco e la mente dei seguaci, fino a spersonalizzarli, sottoporli a rigide regole e indurli a rituali: riunioni-fiume, convegni, donazioni e preghiere per il Maestro, come le “contraeree”.
Chi sbagliava, dovevaporgere formali scuse. Un giovane ex cuoco che si era offerto per la gestione di un punto Upm a Tunisi nel 2010: «Mi venne fatto obbligo di non dire nulla ai miei genitori sulla destinazione e sul lavoro». Tornato in Italia, un anno dopo, «Pianesi in casa sua mi tacciò di essere un traditore perché avvisai i miei della partenza e del lavoro. Mi obbligò a inginocchiarmi e mi rimproverò». I circoli Upm erano luoghi di reclutamento di adepti, secondo «un approccio graduale - ha riferito un’altra vittima -. Pianesi dava indicazioni su come avvicinare le persone, a partire dalle caratteristiche fisiche e comportamentali». Il primo stadio per plagiarle, in un’opera di controllo totale della persona”. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico