Ancona, il pusher: «Spaccio per pagarmi il permesso di soggiorno». Condannato

Ancona, il pusher: «Spaccio per pagarmi il permesso di soggiorno». Condannato
ANCONA - «Spaccio perché non ho soldi per pagarmi il permesso di soggiorno». È la giustificazione con cui si è difeso in tribunale un 21enne...

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ANCONA - «Spaccio perché non ho soldi per pagarmi il permesso di soggiorno». È la giustificazione con cui si è difeso in tribunale un 21enne originario del Gambia, arrestato dalla polizia sabato sera nell’ambito di controlli mirati nel quartiere del Piano. Ovviamente il giudice non gli ha creduto e ha convalidato l’arresto, accettando il patteggiamento a 8 mesi di reclusione, ma subito dopo ha sospeso la pena e l’ha rimesso in libertà. Non solo. Dei 250 euro in contanti che gli agenti delle Volanti avevano sequestrato perché ritenuti provento di spaccio, il giudice ne ha ordinato la restituzione di 240, riconoscendo probabilmente la condizione di povertà del pusher africano. Che torna ad essere libero cittadino, anche se la sua istanza di protezione internazionale è scaduta.

  

Ora sarà l’ufficio immigrazione della Questura a stabilire se procedere al rimpatrio di Lamin Ceesay, arrestato sabato attorno alle 20,30 nei pressi di via Lotto. È qui che gli uomini delle Volanti l’hanno notato mentre si aggirava con fare sospetto, al buio, in compagnia di un connazionale. Alla vista dei lampeggianti, i due giovani sono scappati di corsa, prendendo direzioni opposte. I poliziotti li hanno rincorsi e agguantati. Uno è risultato pulito, addosso non aveva nulla. L’altro, invece, nella rocambolesca fuga ha cercato di disfarsi di alcuni contenitori, gettandoli in un cespuglio. Il tentativo è andato a vuoto. Il 21enne è stato fermato e i quattordici involucri sono stati recuperati: dentro c’erano circa 25 grammi di marijuana, già suddivisa in dosi, pronte per essere smerciate. La perquisizione è proseguita a casa del pusher, dove i poliziotti hanno rinvenuto e sequestrato 250 euro in contati, in banconote di vario taglio, il materiale per il confezionamento delle dosi e soprattutto due cellulari dai quali è emersa la verità: era un pusher hi-tech che utilizzava le chat di Whatsapp per concordare gli ordinativi e segnava gli appuntamenti con i numerosi clienti nell’agenda elettronica dei suoi smartphone. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico