Luca ucciso da un cavo usurato a 33 anni: il comandante della nave patteggia dieci mesi

Luca ucciso da un cavo usurato a 33 anni: il comandante della nave patteggia dieci mesi
ANCONA - Era stato colpito fatalmente dalla cima di una nave utilizzata in fase d’ormeggio e sganciatasi all’improvviso dalla bitta. L’agente marittimo Luca...

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ANCONA - Era stato colpito fatalmente dalla cima di una nave utilizzata in fase d’ormeggio e sganciatasi all’improvviso dalla bitta. L’agente marittimo Luca Rizzeri, 33enne sposato e padre di due figli piccoli, era morto all’istante. Letale la frustata improvvisa che l’aveva colpito all’altezza del collo, mentre era girato di spalle. La tragedia era avvenuta alla banchina 23 del porto dorico, la mattina del 10 giugno del 2019.

 

A due anni e mezzo di distanza, per la morte dell’agente marittimo ha patteggiato il comandante della portacontainer che, stando alla procura, si sarebbe dovuto preoccupare della manutenzione del cavo. Dieci mesi di reclusione, pena sospesa, per l’ufficiale, un 54enne di origine ucraina (A.D le sue iniziali). Doveva rispondere di omicidio colposo. All’epoca della tragedia era al comando della Bf Philipp, nave battente bandiera portoghese. Rizzeri, originario di Pavia e dipendente dell’agenzia Adriano e Armando Montevecchi, quel giorno si trovava lungo la banchina in attesa di iniziare le operazioni di scarico del naviglio, in arrivo dal porto di Trieste. All’improvviso, mentre era di spalle, il 33enne era stato colpito sulla parte destra del collo da una delle due estremità del primo cavo di ormeggio (spring di prora) dell’imbarcazione. Stando alla ricostruzione della procura, la fune, in tensione, si era spezzata al momento dell’aggancio: una frustata che non aveva lasciato scampo all’agente marittimo, morto sul colpo. Avrebbe compiuto 34 anni qualche giorno dopo il tragico incidente. La fune, su disposizione della procura, era stata immediatamente sequestrata dalla Capitaneria di Porto su ordine del pubblico ministero Rosario Lionello. Si è svolta anche una perizia, affidata all’ingegnere Pasquale Frascione che ha eseguito delle prove di resistenza della fune al porto di Castellammare di Stabia. Cosa è emerso? Stando alla relazione tecnica, il cavo era logorato a tal punto che non avrebbe dovuto essere impiegato nella fase di ormeggio della Bf Philipp. Il perito ha evidenziato «gravi ammaloramenti su tutta la sua lunghezza, soprattutto nel punto di rottura». Il cavo si sarebbe rotto «perché sollecitato da uno sforzo di trazione prodotto dal movimento della nave che non era in grado di sostenere». Inoltre, la nave si sarebbe avvicinata alla banchina «con velocità superiore a zero nella fase finale di ormeggio». La fune sarebbe stata passata attorno alla bitta mentre l’imbarcazione «era ancora in movimento». Un insieme di fattori, insomma, che avrebbe causato la rottura della corda, finita fatalmente contro il giovane agente marittimo. La notizia della sua morte aveva scosso tutto il porto dorico. 

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Corriere Adriatico