Ancona, «Quei leggins sono troppo stretti» e picchia la compagna con una stampella: condannato

Ancona, «Quei leggins sono troppo stretti» e picchia la compagna con una stampella: condannato
ANCONA - Folle di gelosia, picchia la compagna con una stampella e la manda all’ospedale: condannato a due anni e dieci mesi di reclusione. Si procedeva con il rito...

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ANCONA - Folle di gelosia, picchia la compagna con una stampella e la manda all’ospedale: condannato a due anni e dieci mesi di reclusione. Si procedeva con il rito abbreviato nei confronti del 42enne arrestato dalla polizia lo scorso 14 marzo e finito in carcere con la duplice accusa di maltrattamenti e lesioni personali nei confronti della compagna.

 

Ieri mattina, il giudice Pietro Merletti ha condannato l’imputato per il primo reato e per le percosse, derubricando così l’accusa di lesioni personali. Alla donna, ieri presente all’udienza e parte civile con l’avvocato Alessia Bartolini, era stata stilata una prognosi di 25 giorni. 

La requisitoria

Stando a quanto emerso nel corso della requisitoria del pm, il giorno dell’arresto la violenza dell’uomo era esplosa per uno scatto di gelosia. Dovuto a cosa? Per il modo in cui lei era vestita: portava dei leggins che per il 42enne operaio non erano consoni. E così, si sarebbe impossessato della stampella, che la donna aveva per sorreggersi dopo un infortunio, per bastonarla in maniera feroce. La vittima ha raccontato anche di essere stata spinta contro una porta a vetri, distruggendola. I frammenti l’avevano ferita alla mano. 

L’escamotage

La polizia era arrivata grazie un espediente. La donna aveva lanciato una serie di chiamate al 112. Non parlava, non chiedeva aiuto, ma piangeva. L’operatore aveva potuto sentire in maniera distinta il rumore delle urla e dei pianti, riconducibili a un’aggressione domestica. Il telefono era stato localizzato e nel giro di pochi minuti le Volanti della questura erano arrivate nell’abitazione della coppia, nel quartiere delle Grazie. I poliziotti, giunti all’indirizzo dell’intestataria del telefono, avevano udito fin dal pianerottolo le urla provenienti dall’appartamento della donna. Nonostante la presenza delle divise, l’operaio non s’era fermato con le minacce: «Ancora con la polizia? Tanto ti ammazzo lo stesso» è la frase riportata dal pm ieri in udienza. 


Le minacce continue avrebbero fatto parte del pacchetto di vessazioni che la donna era costretta a subire tra le mura domestiche. «Ti rispedisco dalla tua famiglia a pezzetti» le avrebbe detto lui. A causa della gelosia, oltre a controllare il modo di lei di vestirsi, le avrebbe impedito di trovarsi un’occupazione lavorativa e, quindi, una propria indipendenza economica. Nella querela sporta, lei ha detto di aver vissuto «un inferno» a causa del compagno che si era trasformato in «padre e padrone». La donna lo aveva già denunciato nel 2021 per maltrattamenti: il processo è pendente in un altro tribunale. L’uomo, difeso dall’avvocato Andrea Nocchi, ha sempre rigettato le accuse formulate dalla compagna: ci sarebbero stati dei semplici litigi.  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico