I baby bulli si pentono: faranno volontariato con disabili e bambini. Ma per il "boss" 18enne le scuse non bastano

Il tribunale di Ancona
ANCONA - Un anno e mezzo di percorso riabilitativo, tra volontariato, attività scolastica e programmi di giustizia riparativa. È questa, in buona sostanza, la...

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ANCONA - Un anno e mezzo di percorso riabilitativo, tra volontariato, attività scolastica e programmi di giustizia riparativa. È questa, in buona sostanza, la punizione inflitta dal tribunale dei minori a tre dei cinque ragazzi arrestati lo scorso ottobre dalla Squadra Mobile con l’accusa di aver terrorizzato e perseguitato dei coetanei, alcuni dei quali gravati da deficit psichici, con percosse, minacce («Ti tiro un pugno che ti rientrano naso e denti») ed episodi estorsivi. 

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Ieri pomeriggio, l’udienza con il rito abbreviato si è tenuta per quattro giovani, tutti attualmente relegati in comunità e di età compresa tra i 16 e i 18 anni. Per il più grande del gruppetto, l’unico ad aver raggiunto la maggiore età nel corso delle indagini coordinate dal procuratore Giovanna Lebboroni, il programma di recupero era già pronto. Ma sia il collegio penale che la procura non lo avrebbe ritenuto idoneo, sostenendo anche la non piena consapevolezza del ragazzo in merito ai fatti contestati. Lui, nello specifico, doveva rispondere di stalking ed estorsione, episodi avvenuti tra l’estate del 2018 e quella del 2020. Tre le vittime, due delle quali rappresentate in udienza dagli avvocati Laura Versace ed Arianna Benni. Il 18enne, assistito dall’avvocato Silvia Pennucci, ha partecipato all’udienza in video-collegamento dalla comunità. «Chiedo scusa, sono pentito» avrebbe detto. Ciò non è bastato per accogliere in toto il progetto di “redenzione”. L’udienza è stata aggiornata al 16 febbraio per dare l’opportunità alla difesa di integrare la proposta di recupero al fine di valutare se concedere o meno la messa alla prova. Agli altri tre ragazzi invece (per il quinto arrestato le indagini sono ancora in corso) è stato concesso un percorso di recupero e reinserimento della durata di 18 mesi da passare in comunità. Anche loro erano collegati da remoto. Due, di 16 e 17 anni, entrambi difesi dall’avvocato Michele Carluccio, avevano già espresso le loro scuse durante la scorsa udienza: «Solo dopo l’arresto abbiamo capito la gravità delle nostre condotte. Chiediamo perdono» avevano lasciato intendere. Per loro (le accuse erano stalking ed estorsione) si aprirà un percorso dedito al volontariato: uno lavorerà con un’associazione di disabili, un altro a contatto con i bambini. Verranno sempre seguiti e fiancheggiati da un gruppo di educatori in un progetto di mediazione volto al reinserimento sociale. Messa alla prova anche per un altro 17enne, sempre accusato di stalking ed estorsione e difeso dall’avvocato Marco Giorgetti. Tra le attività previste, volontariato alla Caritas («Ho sbagliato con le persone, fatemi lavorare vicino alle persone» ha detto in udienza), programmi di giustizia ripartiva, corsi online sulla legalità e attività scolastica.


Ha scritto al 15enne che aveva preso di mira una lettera di scuse: «Spero che ora tu stia bene, mi dispiace» il tenore dello scritto. Secondo la procura, i quattro avrebbero partecipato a episodi di pestaggi e minacce («Ti picchiamo e ti mettiamo dentro a quei sacchi», oppure «Quando torni a casa trovi i tuoi genitori sgozzati») in cui spalleggiavano altri indagati. Il 15enne sarebbe stato vittima di almeno 17 episodi estortivi, dall’euro ai dieci euro, a suon di ricatti. A un 19enne, invece, stando al capo d’accusa, sarebbero stati sfilati i soldi sotto minaccia per ben 60 volte.  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico