Lucia, un'ostetrica anconetana sulla Ocean Viking: «Così abbiamo salvato 37 migranti»

Lucia, l'ostetrica anconetana a bordo della Ocean Viking
ANCONA - Lucia ha 29 anni, è un’ostetrica anconetana. Alla sala parto ha preferito salvare vite umane. C’è anche lei nella squadra di Sos...

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ANCONA - Lucia ha 29 anni, è un’ostetrica anconetana. Alla sala parto ha preferito salvare vite umane. C’è anche lei nella squadra di Sos Méditerranée, a bordo della Ocean Viking , dove si prende cura, in particolare, delle due donne e dei 12 minorenni recuperati da un gommone al largo delle coste libiche. 

 
Cosa l’ha spinta a salire sull’imbarcazione di una Ong? 
«Da sempre mi interesso a contesti umanitari e di immigrazione e da tempo seguo le Ong che operano nel Mediterraneo e non solo. Lo scorso novembre ho seguito quello che era successo a Catania, con il lungo stand-off a cui sono state sottoposte alcune navi di soccorso. Sono rimasta molto colpita da quella vicenda, così ho deciso di contattare Sos Méditerranée per rendermi disponibile. Dopo poco tempo, mi hanno chiesto di salire a bordo e ora eccomi qua, alla mia prima collaborazione». 


Qual è la situazione a bordo della Ocean Viking?
«In questo momento con noi ci sono 37 persone, tra cui due donne e 12 minorenni non accompagnati. Io e il mio team stiamo facendo il massimo per prenderci cura di loro e assicurare a queste persone tutto ciò di cui hanno bisogno. Non c’erano donne in gravidanza né bambini sul gommone che abbiamo salvato il 7 gennaio». 


Quali sono le condizioni di salute dei migranti di cui vi state occupando? 
«A livello medico, abbiamo alcuni malati in condizioni acute o croniche, ma abbiamo registrato anche casi di intossicazione e di bruciature da carburante. All’interno del nostro equipaggio c’è un team di protezione che segnala i casi particolarmente vulnerabili». 


E sul piano psicologico, qual è il loro stato?
«Sono persone fragili. Molte di quelle con cui parliamo hanno alle spalle lunghi viaggi, durante i quali hanno subito torture e violenze di ogni genere. Per noi è importante far sapere loro che adesso sono al sicuro».


Cosa pensa della scelta del Governo di assegnare la vostra imbarcazione al porto di Ancona? 


«È uno scalo che, come quello di Ravenna, dista più di mille chilometri dal punto in cui abbiamo soccorso tutte queste persone. Sinceramente, non capisco le ragioni di assegnare porti così lontani alle imbarcazioni umanitarie, quando ce ne sarebbero di più vicini e sicuri. Questa scelta espone ulteriormente le persone a bordo ad un viaggio lungo e non necessario e, nel nostro caso, anche a condizioni meteo molto sfavorevoli per la navigazione che comportano difficoltà aggiuntive e inutile sofferenza».  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico