Andrea, cuore d'oro: ha ospitato i profughi ucraini prima di partire per il viaggio senza ritorno. Gli amici: «Era un pezzo di pane»

Andrea Massimo Loi aveva 57 anni
ANCONA - Inesorabilmente attratti dal mare, potente come una calamita, fonte di vita e, ora, di morte. Andrea e Luciano, navigatori esperti, ne conoscevano i segreti e le insidie....

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ANCONA - Inesorabilmente attratti dal mare, potente come una calamita, fonte di vita e, ora, di morte. Andrea e Luciano, navigatori esperti, ne conoscevano i segreti e le insidie. Se solo avessero avuto il tempo di difendersi dall’acqua che, in pochi attimi, ha invaso il loro rimorchiatore e di indossare i giubbotti di salvataggio, forse sarebbero scampati alla tragedia come il loro comandante. Ma l’inferno blu li ha inghiottiti di sorpresa, nel buio. Non hanno avuto scampo. 

Strage nel mare Adriatico, affonda il rimorchiatore: tre morti e due dispersi, salvo solo il comandante. «Li ho visto volare in acqua»

 


Suonano campane a lutto a Tortolì, cittadina dell’Ogliastra: Andrea Massimo Loi aveva lasciato la sua Sardegna da giovane in cerca di fortuna, prima a Bari, poi ad Ancona. «Nella sua terra aveva appreso la tradizione marinaresca per poi metterla a frutto partendo per il Continente trent’anni fa: era un uomo di mare stimato da tutti», racconta Massimo Cannas, sindaco di Tortolì. Andrea era un lavoratore infaticabile e un uomo generoso. Al Mandracchio, dove un velo nero, invisibile, offusca il sole abbagliante, lo conoscevano tutti. Viveva a Torrette con la moglie ucraina: dopo lo scoppio della guerra aveva accolto in casa la figlia di lei e altri parenti in fuga dalle bombe. «Era buono come un pezzo di pane», ricorda Luigi Aliota, il titolare del bar “La Scojera” al Mandracchio, dove il 57enne si fermava spesso a fare colazione. «Era un bravo ragazzo, simpaticamente testardo - racconta -. Lo vede questo bancone? È nero. Ma se glielo facevi notare, lui provava a convincerti che è bianco».

Era un uomo di mondo: aveva vissuto a Bari, a Rimini, in Germania, perfino in Norvegia, sempre in cerca di nuovi stimoli. Ha fatto il cuoco in vari ristoranti - la cucina era la seconda passione dopo il mare, su Facebook amava postare i suoi manicaretti -, il muratore e il pescatore al Mandracchio, a bordo del Pegaso, prima che venisse demolito. Negli ultimi anni si era legato alla Ilma. Lunedì, l’ultimo bacio alla moglie Larissa, poi la partenza per l’Albania sul Franco P. Un viaggio senza ritorno. 


Sul rimorchiatore killer ha perso la vita anche un altro anconetano d’adozione, Luciano Bigoni, 64 anni, pescatore di lungo corso, uno dei tanti trapiantati da Civitanova agli Archi, anche se poi aveva deciso di trasferirsi con la moglie Susanna a Falconara. «Grazie a tutti, non abbiamo e non avremo la forza di rispondere, quindi lo facciamo qui», ha scritto una delle due figlie sulla sua pagina Facebook, divenuta un muro del pianto. «Luciano era una persona squisita, un padre e un nonno splendido - racconta Gianni Ciarrocchi, pescatore che lo conosceva bene -. Qualche anno fa aveva deciso di vendere la sua barca, la “Angela Luciana”, ma siccome la pensione del pescatore è misera, ha deciso di investire il suo carico di esperienza in mare proponendosi come motorista per la Ilma. L’hanno assunto subito perché lui era un grande».  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico