Minaccia la guardia nel carcere di Montacuto: «Ti squarto». Condannato (ad altri 6 mesi) il boss della camorra

Minaccia la guardia nel carcere di Montacuto: «Ti squarto». Condannato il boss della camorra
ANCONA «Sei un maleducato, ti rompo la testa e ti squarto tutto!». Detto da un boss camorrista che si trova in carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso,...

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ANCONA «Sei un maleducato, ti rompo la testa e ti squarto tutto!». Detto da un boss camorrista che si trova in carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso, la minaccia è sembrata piuttosto credibile, anche agli occhi del giudice che, infatti, l’ha condannato a 6 mesi. Nel mirino era finito un agente della polizia penitenziaria, in servizio nella casa circondariale di Montacuto, minacciato di morte semplicemente per un “no”. 

 


Il diverbio

I fatti risalgono al febbraio 2017 quando il detenuto napoletano, legato alla mala di Scampia, rientrando in cella dopo l’ora d’aria, si era rivolto alla guardia carceraria chiedendogli di poter prendere della pasta. «No, aspetta un attimo - aveva replicato il poliziotto -, prima devo chiudere a chiave tutti quanti». Risposta sbagliata. Con uno scatto d’ira il detenuto, che oggi ha circa 45 anni, si è avvicinato a brutto muso all’agente, urlando insulti e minacce: «Maleducato, testa di c..., io ti rompo la testa e ti squarto». Poi l’ha mandato a quel paese. Non c’è stata un’aggressione fisica, ma già aver sentito proferire quelle parole da un camorrista è bastato per tremare. La guardia ha subito ordinato al detenuto di rientrare in cella, quindi, come da prassi, ha segnalato il fatto ai superiori e da lì è scattata la denuncia per minacce a un pubblico ufficiale. 

 

La difesa

La difesa del detenuto - che nel frattempo è stato trasferito nel carcere di Teramo e ha un ricco curriculum delinquenziale per spaccio di droga, furti, ricettazione e traffico di armi -, rappresentata dall’avvocato Jacopo Saccomani, in sede processuale ha puntato sull’assenza di una portata offensiva della minaccia. Ha evidenziato inoltre che il 45enne in quel periodo assumeva psicofarmaci e questo giustificherebbe l’improvviso scatto d’ira, determinato anche dalla sua condizione mentale e dal sovraffollamento del carcere di Montacuto. Le scuse avanzate qualche giorno dopo dal detenuto - confermate in aula dall’agente minacciato di morte - non sono bastate per evitare un’ulteriore condanna a 6 mesi, che prolungherà la sua reclusione.

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Corriere Adriatico