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ANCONA - «Ritiriamo le querele, vogliamo perdonarlo: i danni sono stati lievi». È il coro che si è elevato ieri in udienza dai tre parroci ascoltati come testimoni nell’ambito del processo che vede sotto accusa il 59enne chiaravallese identificato e denunciato dalla questura nel maggio 2018, dopo aver messo sotto scacco per almeno tre mesi (agosto-ottobre 2017) vari luoghi di culto dell’Arcidiocesi.
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Tra i reati contestati ci sono il danneggiamento continuato e minacce pluriaggravate dall’aver commesso il fatto contro un ministro di culto della chiesa cattolica e per discriminazione razziale.
Il primo reato fa riferimento ai vandalismi di fuoco perpetrati ai danni della chiesa di San Pietro Martire, del Santissimo Sacramento e di Santa Maria della Pietà.
Nella missiva diretta all’Arcidiocesi, erano stati insultati i preti che osavano aiutare «i necri di m… e marocchini e albanesi» al posto degli italiani. E ancora: «Noi di Forza Nuova (che ha sempre preso le distanze dai fatti, ndr) diamo fuoco pure alla chiesa di Camerano»; «Viva Mussolini, morte a tutti». A testimoniare, anche don Alberto Pianosi, parroco della Chiesa del Sacramento, a cui era stato dato fuoco al lenzuolino di un altare secondario. «Sono arrivato – ha detto – che era già successo tutto, c’era la polizia. Dopo il fatto, ho ricevuto dall’imputato una lettera di scuse. Anche io ritiro la querela». In realtà, don Pianosi non l’ha mai presentata, come fatto presente dal giudice.
Infine, è stato sentito don Giacomo Ippolito, reggente della chiesa delle Palombare: le fiamme aveva danneggiato l’altare principale. «I danni sono stati pochi – ha ricordato -. E’ stato compiuto un gesto sconsiderato, ma nessuno si è fatto male». Il 19 maggio continuerà il processo: verrà ascoltato don Aldo Pieroni, parroco di Camerano e destinatario di una lettera minatoria: «Veniamo nella tua parrocchia, vi diamo fuoco, bastardi, siamo tornati, viva Mussolini, bruciate vivi». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico