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ANCONA - Dopo l’ennesima lite con il convivente, era fuggita via di casa per cercare conforto in chiesa. L’aveva trovata chiusa, ma era stata accolta da un gruppo di anziani seduti ai tavoli di un bar nelle vicinanze. «Il mio compagno mi maltratta, non ce la faccio più» aveva confidato lei, in stato di choc. I nonnini l’avevano ascoltata e avevano accontentato la sua richiesta, facendola parlare con un prete.
Il parroco, arrivato di tutta fretta, aveva poi chiamato i carabinieri.
Ieri il difensore del 31enne, l’avvocato Antonio Gagliardi, ha espresso al gup Francesca De Palma l’intenzione di voler procedere con l’abbreviato e l’udienza è stata rinviata al 7 marzo. Il legale mira a poter smontare le accuse non passando dal dibattimento: l’imputato, infatti, respinge ogni contestazione riportata in querela. Non ci sarebbero mai state aggressioni fisiche o soprusi morali. Si sarebbe, tutt’al più, trattato di episodi di normali litigi tra coppie, ma nessun tipo di violenza. Stando a quanto riferito all’epoca della vittima, la situazione tra le mura domestiche sarebbe divenuta incandescente a causa del possessivo controllo esercitato dal 31enne, descritto come una sorta di “compagno-padrone”.
Ci sarebbero stati calci, pugni ma anche offese e minacce del tipo: «Non devi uscire di casa, altrimenti ti uccido, devi rimanere a sbrigare le faccende domestiche» e «Sei un sacco di immondizia». La procura contesta anche un episodio di lesioni: nel corso di un litigio lui avrebbe buttato a terra la donna per poi picchiarla con un bastone. La prognosi era stata di cinque giorni. Nell’agosto del 2019, la fuga di lei da casa e la ricerca di un rifugio in chiesa, terminato poi con l’abbraccio simbolico portato dagli anziani del quartiere e l’arrivo del parroco, prima, e dei carabinieri, poi.
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Corriere Adriatico