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ANCONA - Tutto fermo da otto mesi esatti, da quel 15 luglio dell’anno scorso, quando grattando via il terreno di riporto, nel vuoto aperto dai bombardamenti del ‘43 tra i palazzi del rione Guasco-San Pietro, erano affiorati i resti di un pavimento di mezzo millennio fa, tutelato come bene di interesse archeologico. Sono durati quattro settimane i lavori per la scalinata a rampe destinata a collegare via Pizzecolli a via Birarelli, un investimento da 400mila euro con cui il Comune vorrebbe riqualificare la zona e favorire anche la sosta dei residenti, sfruttando in convenzione parte del parcheggio della Soprintendenza.
Il cronoprogramma
E adesso il cronoprogramma, che prima dell’intoppo prevedeva 180 giorni di lavori e una conclusione entro il gennaio scorso, è tutto da ridisegnare. Perché il Comune, dopo aver atteso invano che il cantiere ripartisse con un nuovo progetto ritoccato proprio per salvare quei reperti, a fine gennaio si è visto recapitare dall’appaltatore - il consorzio stabile di imprese Scarl-Alba costruzioni di Napoli-Sant’Anastasia - una lettera di contestazione che rimproverava eccessive lungaggini nella sospensione del cantiere. E Palazzo del popolo, convinto che lo stop deciso a luglio fosse strettamente necessario per consentire le indagini della Soprintendenza sui reperti e adeguare il progetto, ha reagito con una risoluzione del contratto d’appalto in danno della ditta, aprendo un contenzioso che rischia in teoria trascinarsi a lungo nei tribunali, visto che anche l’impresa potrebbe chiedere i danni.
La sospensione
«Se il nuovo affidamento dovesse risultare più oneroso per il Comune - spiega l’assessore ai Lavori Pubblici Paolo Manarini - chiederemo i danni all’impresa che ha abbandonato il cantiere. La sospensione per il ritrovamento dei reperti non è stata sicuramente eccessiva, né era prevedibile». L e pavimentazioni erano affiorate a circa tre metri d’altezza sul piano stradale di via Pizzecolli. L’archeologo incaricato dal Comune della sorveglianza archeologica degli scavi aveva subito segnalato il ritrovamento alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche, che nelle prime valutazioni aveva stimato un’origine post medievale, probabilmente intorno al 1400-‘500.
Cantiere fermo
Il 15 luglio si erano fermati i lavori. Il Comune aveva approntato un progetto in variante per costruire la scalinata senza intaccare i reperti, trovando altre basi d’appoggio e supporti. A fine ottobre il nuovo progetto era stato autorizzato dalla Soprintendenza e i lavori sarebbero potuti ripartire. Ma l’Ati delle imprese appaltatrici, che aveva già sbaraccato il cantiere, non ha firmato il verbale del Comune che ordinava la ripresa dei lavori. Poi, dopo un confronto tra tecnici del Comune e ditta, sembrava che le divergenze si fossero appianate e il cantiere ripartisse verso la metà di gennaio. Invece niente, a fine gennaio è arrivata in Comune la lettere delle imprese che contestavano al Comune l’eccessiva lunghezza della sospensione dei lavori. Adesso è tutto da rifare. Come pure è in stato di prolungata impasse la convenzione che dovrebbe consentire un uso anche pubblico del parcheggio di via Birarelli di proprietà della Soprintendenza Marche (85 posti auto in tutto, 21 riservati ai dipendenti Mibac). Se ne parla dal 2015, quando era scaduta la precedente convenzione. La nuova è stata firmata dalla giunta Mancinelli nel febbraio 2019, ma è ancora rimasta sulla carta. «Non ne abbiamo più sentito parlare, forse aspettano la nomina del nuovo soprintendente», ipotizzava ieri Patrizia Santoncini, presidente del consiglio territoriale di partecipazione del Centro storico.
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Corriere Adriatico